(A. De Calò) Le ultime otto in classifica della Serie A, in questa ventesima giornata hanno collezionato complessivamente un punto. Uno, il pari del Bologna col Napoli. Ritte le altre squadre piazzate nella calata di destra della classifica, escluso il Milan e anche l’Atalanta (impegnata nel derby da classe medio-bassa col Cagliari) sono uscite sconfitte dal confronto con le dirimpettaie della calata di sinistra. L’impressione è quella di uno smottamento.
Non basta che a metà torneo siano già cambiate otto panchine, non è neppure sufficiente constatare che otto difese su venti sono schierate a cinque: disposizione che fa molto anni Novanta e non ha altri frequentatori nel calcio che conta. Nonostante il dilagare del difensivismo, sembra di capire che le squadre con più punti in classifica, riescono comunque a imporre la loro legge sul campo, togliendo di mezzo ogni possibile sorpresa. Guardando con un occhio i risultati del weekend e con l’altro la classifica, pare di sentire uno scricchiolio simile a quello che accompagna — in una memorabile scena dell’Underground di Emir Kusturica — la frantumazione dell’isola, sulla quale si trovano i protagonisti, in un simpatico arcipelago.
E’ soprattutto la marcia record della Juve, inseguita da Roma e Napoli, a dare lo scrollone verso una gerarchia più netta dei valori in campo. Da quando ci sono i tre punti a vittoria, non era mai successo nel torneo a venti squadre che la prima in classifica avesse tanti punti (55) alla ventesima giornata. La tendenza è apparentemente ineluttabile: chi è più forte diventa sempre più forte e, proporzionalmente, i deboli sono sempre più deboli, mentre la classe media tende a sparire. C’è la netta percezione di un adeguamento della Serie A ad altri campionati europei — tipo la Liga spagnola — dove le differenze di budget e valori in campo tra le prime e le ultime sono abissali. Tutto vero anche se il riscontro sui numeri in classifica ci dice che siamo davanti a una tendenza in atto da tempo. Spesso, negli ultimi anni la Serie A a questo punto del torneo aveva un profilo segnato. Nel 2005-06, poco prima del big bang di calciopoli, la Juve aveva 8 punti di vantaggio sulla seconda e 41 sull’ultima (ora ha 8 punti sulla seconda e 42 sull’ultima). L’Inter, nella stagione seguente era a più 9 e più 45. Dov’è la novità? Il fatto nuovo è il ridimensionamento dei nostri club d’élite in Europa. La A ha bisogno di più qualità complessiva, per crescere. Un passo importante per ripartire può essere la riduzione a 18 squadre. Tanto per cominciare.