È quasi impossibile non provare simpatia per tutti coloro che si avventurano sui sentieri dell’utopia in nome della bellezza. Per questo c’è una nobiltà intrinseca nelle parole di Luis Enrique che — stanco, nervoso, apparentemente invecchiato di dieci anni rispetto ai giorni del ritiro di Riscone — arriva alla sfida con la Juve mettendosi sul banco degli imputati e preparandosi ad un virtuale addio. «Dimissioni? Mai dire mai», dice. E la Spagna, stavolta, sembra improvvisamente più vicina. Con Alberto De Rossi, allenatore della Primavera, come possibile traghettatore.
Super Juve «È la partita più difficile della mia gestione — spiega — perché la Juve è fortissima e si contenderà lo scudetto col Milan. Fanno una fase difensiva incredibile e una offensiva veloce. Conte è bravissimo e ha fatto capire ai suoi che per poter vincere devono lottare in undici e in tutte e due le fasi. Vincerà non solo chi fa un gol in più, ma chi si mette dietro la palla prima e velocemente. E quello so che la Juventus lo farà al 100%. È uno dei punti da cui dobbiamo imparare da loro. Nel calcio moderno se non sai difenderti sei morto. Per battere la Juve, o mostriamo la nostra migliore versione o sarà difficile. Ma non dobbiamo avere paura: per noi è uno stimolo poter battere una squadra che nessuno finora ha mai battuto».
Colpevole Non è il caso della Roma, avvitata in una crisi caricata sulle spalle di Luis Enrique. «Il calcio è questo: quando le cose non vanno bene, si cerca il colpevole. Ho sempre detto che sono io il massimo responsabile. Sprofondare? Non ci penso: se deve succedere, succederà, perciò non mi preoccupo. Ma continuo a pensare che siamo sulla strada giusta e posso contare sulla fiducia della società. Io e il mio staff lavoriamo bene». Alle domande sulla «scomparsa» di Borriello, però, s’innervosisce. «Sono un po’ stanco delle solite domande. Io penso prima di tutto alla squadra, che non è nervosa. Tutte le cazzate che interessano voi a me non interessano. Io vedo gli allenamenti e io devo scegliere».
Niente alibi Una scelta sicura è quella contro il doping. «Si fa tutto il possibile per combatterlo. Il calcio spagnolo non aveva questa situazione. Ora parlare è facile, chi fa il furbo deve essere punito». Luis Enrique si riferisce anche all’esempio dato ai giovani. Il futuro è loro. Anche nella Roma, con Viviani in rampa di lancio per l’esordio in campionato «ma non mettetegli troppa pressione». Insomma, viste le assenze per squalifica 3 e infortunio 4 ce ne sarebbe abbastanza per cercare sconti. «Ma io non cerco alibi — conclude lo spagnolo —. In allenamento ho le sensazioni giuste. Credetemi, possiamo fermare la Juve». A pensarci bene, è solo un altro modo per dire ancora: «Mai dire mai».