(A. Austini) Stanca. Senza cattiveria sotto porta, e questa non è una novità. Insolitamente distratta in difesa. La Roma saluta la Coppa Italia e rinvia di nuovo l’appuntamento con la maledetta «stella» d’argento: la finale contro la Fiorentina (3 o 7 maggio all’Olimpico, dipende dall’Europa League) se la prende il Napoli con merito davanti al suo «Dio» Maradona.
Se nella prima sfida di una settimana fa c’è stato equilibrio, ieri al San Paolo la squadra di Benitez ha dimostrato di avere più forza e quella cattiveria fondamentale quando la posta in palio è decisiva. Il 3-0 finale pesa più di quello subìto dai giallorossi a Torino con la Juve. E arriva a quattro giorni da un derby dominato senza vincere. Un’altra grande prova fallita nel mezzo di una stagione comunque da applausi, una tappa forse inevitabile nel processo di crescita di un gruppo appena allestito. Con qualche falla, perché ieri l’assenza di ricambi s’è sentita. Maicon non rischia dopo la botta sul ginocchio operato presa nel derby e lascia il posto a Bastos, al debutto da titolare, con Torosidis riportato a destra. Il francese, però, non è un terzino e si vede. Il centrocampo è lo stesso di domenica, davanti Ljajic e Destro formano il trio con Gervinho. Imbucarsi in contropiede negli spazi lasciati dal Napoli, questo l’ordine di Garcia eseguito dopo neanche 3 minuti, ma Reina se la cava in qualche modo su Destro. La partita è più tattica dell’andata e si accende dopo oltre venti minuti. Un errore banale di De Rossi a centrocampo costa giallo e squalifica al diffidato Benatia che deve stendere Mertens. La Roma si innervosisce ma è ancora lei ad accarezzare il vantaggio con una doppia conclusione Gervinho-Ljajic. Altra clamorosa occasione gettata al vento, il Napoli ne approfitta e si prende il fortino al primo vero assalto. Il fianco sinistro giallorosso è quello che si presta di più ad essere mirato, non a caso la squadra di Benitez colpisce lì: Bastos sbaglia, Maggio viene lasciato troppo libero di crossare da De Rossi, Callejon salta in mezzo a Benatia e Torosidis impalati, De Sanctis non può nulla. Un attacco spietato contro l’eccessiva «leggerezza» delle punte romaniste, come dimostra la successiva incursione nell’area napoletana: azione perfetta ma il tiro di Ljajic finisce tra le braccia di Reina. Hamsik cerca il pallonetto dalla trequarti e per poco non beffa l’amico De Sanctis, la Roma avverte la pressione dello svantaggio e del San Paolo indemoniato.
A inizio ripresa il doppio, terribile colpo del ko. Ormai è un difetto conclamato della squadra di Garcia: quando rientra dagli spogliatoi perde la concentrazione. Mentre lo stadio scopre la presenza di Maradona in tribuna, l’argentino in campo, Higuain, sorprende ancora Torosidis e segna di potenza il raddoppio sugli sviluppi di un corner. Neanche il tempo di risitemarsi e Mertens manda in porta Jorginho che infila ancora De Sanctis. De Rossi non insegue, la difesa è scoperta: una roba mai vista nella Roma di Garcia. La squadra giallorossa è un pugile tramortito. In mezzo all’uno-due azzurro il tecnico prova a rianimarla con Maicon al posto di Torosidis. Il brasiliano serve a Destro la palla per riaprirla ma il colpo di testa va fuori di un soffio. Entrano anche Florenzi e Totti per Ljajic e Pjanic: è un 4-2-3-1 della disperazione. Destro ha un’altra chance ma calcia alto. E, come a Torino, la Roma perde la testa: Strootman applaude Rocchi per un’ammonizione che ci stava e si prende direttamente il «rosso». Finisce con gli olè napoletani, la rivincita di Benitez su Garcia, che ora dovrà gestire il vantaggio in campionato per chiudere al secondo posto. L’obiettivo più importante.
Napoli-Roma è anche l’odio vissuto sugli spalti. Fuori dallo stadio ultrà a volto coperto hanno lanciato pietre e fumogeni verso le forze dell’ordine con il principio di incendio di un’edicola. I circa seicento «temerari» giallorossi arrivati al San Paolo sono stati costretti a partire più tardi dalla Capitale per motivi di sicurezza. Un primo gruppetto è stato «accolto» allo stadio a ridosso del fischio d’inizio dal solito coro «romano bastardo» cantato in tutti gli stadi italiani. Ma per il giudice sportivo questa non è discriminazione. La maggior parte arrivano al 25’ e si presentano a loro volta esplodendo petardi a ripetizione. L’urlo del San Paolo per i gol del Napoli è più forte.