Viva la Roma, la Roma del 12 dicembre. In un giorno in cui non puoi fare a meno di pensare alle verità negate, con un discreto senso di colpa (già, i colpevoli?) ti vengono in mente quelle del calcio. E allora finisce che ti stanno quasi simpatici, magari solo per oggi, perfino gli interisti. Quelli come l’avvocato Prisco, che 10 anni e 1 giorno fa se ne andava, lasciandoci nella mente battute tipo: «Il rigore non fischiato a Ronaldo non è un furto, ma ricettazione». Se lo rifanno pure oggi, con noi sarebbe cleptomania e ancora una volta riuscirebbero a negare la verità. Sono sempre gli stessi, la B non li ha cambiati: inneggiano a Moggi e hanno ancora il coraggio di chiedere lo scudetto 2006. D’altronde nell’essere juventini c’è per forza qualcosa che non va. Sono senza colore, senza poesia, senza dimora (Torino è stata e resterà granata). Li trovi ovunque, da Cantù a Canicattì, se si parlano tra loro neanche si capiscono. Loro schiavi di Roma (pure tu, Marchisio), noi mai schiavi del risultato. Perché prendeteci pure in giro, ma è così: chi tifa Roma non perde mai. E chi tifa Juve ha perso dalla nascita, proprio per questo s’è scelto quelli che vincono sempre.
E allora viva la Roma, la Roma del 12 dicembre. La Roma con le bandiere che restano, Totti, loro con quelle che buttano via, Del Piero. La Roma bella come sempre. Giovane, quindi pronta a dare calci a un passato che naturalmente è in bianco e nero. La chioma di Osvaldo e il parrucchino di Conte, la differenza sta tutta lì. Fanno bene a chiamarla “vecchia signora”. Forza ragazzi, la vecchia s’ignora e si batte, quando ci si riesce è sempre l’alba, che poi è giallorossa, di un nuovo giorno. Ieri, Moggi e Viviani. Se il progetto della Roma disegnata da uno che s’è sempre messo contro il potere, Franco Baldini, stenta a decollare, battere la Juve è il modo perfetto per fargli prendere il volo. Dopo sì che sarebbe bello ritornare al passato. A un vecchio coro: Il lunedì, che umiliazione…