(F. S. Intorcia) – La parabola dei talenti narra di Nazionale con pochi fuoriclasse, tutti maledetti: ognuno reca in dote un cruccio, invece di una garanzia. La nuova sconfitta con la Spagna ha palesato un divario imbarazzante con i campioni in carica non solo nel fiato, come lamenta Prandelli, ma pure negli uomini di qualità a disposizione dei ct. Che invidia per Del Bosque: mette in panca Silva, Xavi, Negredo, lascia a casa Torres e Llorente, si ritrova Diego Costa e quasi non sa dove utilizzarlo.
L’Italia, a Madrid, era sulle spalle dell’oriundo Osvaldo, epurato dal Southampton. Squadra più vecchia (29,5 contro 25,9 l’età media) e di valore di mercato pari a un terzo dei rivali. Al Mondiale ’90 la Nazionale aveva in panca Vialli e Mancini, all’Europeo ’96 lasciava a casa il Pallone d’oro Baggio. Nel 2000, in semifinale con l’Olanda, rinunciava (in avvio, poi arrivò il cucchiaio) a Totti per scelta tecnica. E a Berlino, nell’ultimo trionfo, accanto a Lippi erano seduti De Rossi e Gilardino, con Alex e SuperPippo.
Ora, i giocatori di classe internazionale sono sempre meno, tutti con una nuvola fantozziana che li rincorre. Mario Balotelli è una stella che sbadiglia. Ha giocato metà delle gare di qualificazione, in Conf Cup è stato fra i primi a finire ko: ora, con una spalla in disordine, si mostra su Twitter al ping pong. Il Milan l’ha presa male, un divorzio a fine stagione non è utopia. Ieri lui ha replicato: «Il Milan non gradisce cosa? Il ping pong? Ahahh! Non ho giocato, era solo una foto. Ma anche se avessi giocato sono mancino!». E ancora: «Continuate pure a credermi uno scemo, quelli come “voi” (che giudicano senza conoscere) li mangio in partenza ». Solita richiesta di essere lasciato in pace: «Can I live?», dopo aver pubblicato un’altra foto in cui cura la spalla e spiega di fare«l’impossibile! Sto cercando al massimo delle mie forze di recuperare per sabato! Non ce la faccio più a non giocare». L’uomo ideale per sgravarlo di responsabilità era Rossi, tuttora il miglior cannoniere italiano stagionale. Prandelli è stato chiaro: aspetta Pepito senza deroghe, allo stage di metà aprile spera che abbia già giocato qualche gara. Impossibile. Dopo Kiev, la Spagna ha inserito nel telaio nuovi campioni. L’Italia no.
Marco Verratti, fra i più attesi del nuovo ciclo, è un caso: neppure un minuto a Madrid, da possibile erede di Pirlo a probabile escluso dal Mondiale. Dazio salato per l’unico esame sostenuto e fallito da titolare, contro l’Argentina a Ferragosto. Ma il ct in quel ruolo conta Montolivo, Thiago Motta, De Rossi: se Verratti non gli dimostra versatilità, ha spiegato, portarlo in Brasile è inutile. Paradosso: in questi giorni, il Psg gli offre il nuovo contratto, il terzo in due anni: Verratti prolungherà fino al 2019, arrivando a guadagnare, alla fine, 4 milioni a stagione. Pochi giocatori italiani sono così ricchi: De Rossi, Totti, Buffon.
De Rossi, al terzo Mondiale, è uno dei pochi azzurri di caratura europea, imprescindibile, per la spedizione. Ma è stato punito quattro volte per violazione del codice etico, senza dimenticare la gomitata a McBride a Germania 2006. In Nazionale ha brillato anche nei momenti in cui giocava meno nella Roma, Prandelli è convinto che non farà sciocchezze a ridosso della coppa. All’Europeo c’era anche la qualità di Cassano, che non ha mai vissuto un Mondiale: non ci andrà neppure stavolta. Sfogliando l’album degli italiani più bravi, ritornano sempre Totti e Toni, pensionati da tempo per l’Italia (ma il centravanti dell’Hellas ha 13 gol, come Immobile). Quando la Nazionale gioca all’estero, sono sempre meno i giocatori ricercati da tifosi e giornalisti stranieri: Buffon e Pirlo, ultime star universali, hanno settant’anni in due.