(T. Carmellini) – Tutti giù dal trespolo. La Roma c’è, gioca un bel calcio, soffre, reagisce e stringe i denti: risultato tre punti importantissimi per classifica e morale con i quali risponde al successo «scamuffo» del Napoli contro il Torino di Ventura inspiegabilmente al «risparmio». Complimenti! Ma era chiaro comunque che serviva vincere contro tutto e tutti e la Roma lo ha fatto, anche se non è riuscita a giocare il suo calcio per l’intero arco della partita: complici però assenze pesantissime e la condizione non al top di molti interpreti. Garcia ritrova Totti e cambia la Roma: dentro il tridente «pesante» con l’intoccabile Gervinho e Destro al posto di Florenzi. A centrocampo Taddei va a fare il terzo con Nainggolan e Pjanic.
La Roma così funziona, perché è chiaro da subito come Gervinho, con Totti alle spalle, sia un altro giocatore. L’ivoriano si fa trovare sempre pronto quando il Capitano, al suo rientro dopo un mese di stop, illumina la Roma con le sue giocate. La lontananza dal campo non ha fatto perdere lucidità al numero dieci della Roma che apre gioco, distribuisce palloni e segue l’azione quando manovrano i compagni. Così, dopo ventidue minuti di gioco è proprio lui a portare avanti la Roma con un destro di misura dopo un rimpallo sul tiro a rete di Gervinho. L’Olimpico esplode ed è naturale la dedica all’amico Strootman che da casa tifa i suoi il giorno prima dell’intervento (si opera oggi al ginocchio sinistro) che lo terrà lontano dai campi per oltre sei mesi: la maglia lo aspetta davanti alla panchina e quando Totti la mostra alle telecamere tutta la squadra è attorno a lui per un «forza Kevin» al quale si unisce tutto lo stadio. Da qui in avanti è un’altra partita e proprio sull’asse Totti-Gervinho arriva poco dopo il raddoppio. Lancio capolavoro del Capitano che pesca a quaranta metri l’ivoriano, grande stop in corsa e palla nel mezzo per Destro che si ricorda di essere Destro: 2-0 e Olimpico in delirio. Tre tocchi (o quasi), palla in rete: è tornata la Roma.
Ma non è finita perché arriva il momento di stringere i denti, l’Udinese alza la testa e prova a far male: due gli interventi da fenomeno di De Sanctis (tra i migliori) che tengono gli avversari a distanza. Perfetto quello su Di Natale sul quale il numero uno giallorosso si allunga rimediando la standing ovation del pubblico. Lo stesso Di Natale applaude e va ad abbracciarlo prima dei due fischi di Tagliavento. Poi, come fin troppo spesso visto quest’anno (ben cinque volte), la Roma al rientro dall’intervallo ha i dieci minuti di bambola e incassa il gol dell’aquillotto Pinzi. Ed è solo l’inizio, perché quattro minuti dopo Di Natale la grazia ancora (complice anche l’ennesimo ottimo intervento di De Sanctis). Ma anche qui la partita è tutt’altro che finita ed è chiaro che ci sarà ancora da soffrire. Prima arriva quella che a Roma viene chiamata la «ciavattata del sonato»: ossia il gran gol di Torosidis (quindicesimo giallorosso in gol in campionato) che in genere ha grossi problemi a calciare di sinistro e invece fa tutto da solo, si accentra e porta la Roma sul 3-1. Quindi gli ultimi minuti di sofferenza, complice anche il 3-2 firmato Basta stavolta aiutato da una smanacciata non bellissima di un De Sanctis comunque in gran serata. Così i tre fischi di Tagliavento arrivano come una liberazione per il popolo romanista che ritrova la Curva (e un paio di cori non bellissimi), ma soprattutto ritrova una Roma che, nonostante le tante assenze, vince una partita importantissima, risponde al Napoli e lo riporta a -3 (aspettando il recupero con il Parma).