(T. Cagnucci) – La Curva Sud e Totti al loro posto e la Roma vince. Roma-Udinese è in questa riga. Il resto è resto: la dedica a Strootman, gli abbracci di Dodò Di Natale a De Sanctis, Allan che è grande e Benatia che è il suo profeta, Bastos che entra quando segna Basta, Torosidis che è l’unico Toro buono che segna e poi corre come un ragazzino sotto la Sud ma poi all’improvviso si ferma, lo stop a 100 all’ora di Gervinho mentre mandava Pinzi a prendere il latte, Garcia che a fine partita parla «dell’arte di complicarci le cose» e arricchisce il linguaggio e la filosofia…
Ma la Bellezza sta nella prima riga. Se n’è parlato tanto ultimamente di bellezza, è diventata roba da Oscar e da esportazione, da ingrosso. Invece sta qui. La Bellezza è Il Giocatore che ritrova il pallone e tante persone che ritrovano… tante persone. Come l’acqua al mare. La sensazione è quella di un ritorno a casa: del calcio e della passione. La Bellezza è proprio questa Roma che gioca a pallone, gioca, accetta la sfida, costruisce, soffre, soprattutto soffre, ma dà un immagine di un’incredibile pulizia, di una pulizia che sarebbe normale, addirittura all’uopo e necessaria ma che in questa serie A, in questo campionato malandrino, mezzo e mezzo, sporcato, a tratti meschino, addirittura brilla. Addirittura è stella. E allora più della lotta per il secondo posto, più dei sogni da Champions, degli investimenti di mercato, dei bilanci risanati eccetera, quello che resta di questo Roma-Udinese 3-2 è comunque quel cuore in gola all’ultimo minuto, quel calcio d’angolo non fischiato, quel sospiro finale che si rilassa in una mezza smorfia prima di trasformarsi in un accenno di sorriso, e tutto questo per una partita importante sì, ma vabbè… Perché poi i cuori romanisti sono votati alla rivoluzione e al grande sogno, non si entusiasmano per un piazzamento, si entusiasmano per la Roma. Ieri questo è tornato al suo posto. Che non sarà mai secondo a nessuno.