(M.Iaria / P.Lo Molinaro) – «Il calcio è stato deleterio in Italia negli ultimi 30 anni». Bum! A Padova, nella solennità dell’aula magna della seconda università più antica d’Italia, davanti a una platea di 500 persone tra dirigenti, atleti e studenti, rimbombano le parole di Giovanni Malagò. Il presidente del Coni non ha peli sulla lingua, si sa, la sua dialettica rompe vecchie liturgie proprio come il neo premier Matteo Renzi che incontrerà tra qualche giorno nel primo appuntamento ufficiale. In passato Malagò non ha risparmiato critiche a un mondo, quello del pallone, che fatica a mutare pelle ed è prigioniero dei particolarismi. Ma stavolta l’attacco è durissimo: «Non mi riferisco solo a Calciopoli o agli scandali delle scommesse, ma in generale ai cattivi insegnamenti che sono stati dati». Ed ecco il carico da novanta, proprio nei giorni in cui in più città monta la protesta della gente. «I tifosi si sentono autorizzati a delegittimare il sistema perché vedono che il sistema è delegittimato da chi lo rappresenta. Chi fa sport deve essere senza macchia. Il danno che fanno certi dirigenti è incalcolabile».
Riforme Il j’accuse contro il calcio interpreta senza fronzoli lo spirito riformatore del convegno del Panathlon VenetoTrentino Alto Adige/ Sudtirol («Basta parole, vogliamo fatti», l’appello di Renato Zanovello e Giacomo Santini) che chiama in causa politici e istituzioni sportive affinché anche in Italia si possa crescere con lo sport, sotto tutti i punti di vista, non solo fisico e culturale ma anche sociale ed economico. Servono strategie di rottura per avvicinare il Belpaese ai modelli di riferimento in Europa e nel mondo. Ed è chiaro che il calcio, motore di tutto il sistema, abbia i riflettori puntati addosso. Non a caso si parla di stadi, con Malagò a riconoscere che la nuova normativa, escludendo le compensazioni residenziali e gli interventi non contigui alla struttura, «servirà a pochissime società di Serie A. Ma possiamo creare una nuova generazione di impianti di base». Capitolo giustizia sportiva. La riforma entrerà in vigore il primo luglio. «I ricorsi presentati a enti terzi rispetto alle federazioni, col rischio di far ripartire da zero i processi o di applicare sconti senza senso, erano un mostro giuridico. Ci sarà una sorta di Cassazione dello sport che non entrerà nel merito. Ma il Coni potrà continuare a esercitare la sua vigilanza con la superprocura».
Scuola Per Malagò la madre di tutte le battaglie è nella scuola. Oggi l’atteso incontro col neo ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. Dice il presidente del Coni: «Sulla scuola potrei fare come chi mi ha preceduto, dicendo che il Coni con la scuola non c’entra nulla. Ma così lo sport italiano non andrebbe da nessuna parte. Serve un grande intervento. So bene che lo Stato non tirerà mai fuori i 4 miliardi necessari per mettere a norma le palestre scolastiche. Il Coni può dare una mano, ma deve avere voce in capitolo».
La maratona Ma quella di ieri è stata una vera maratona per il presidente del Coni Giovanni Malagò. Perché dopo la mattinata all’Università di Padova, si è trasferito a Milano nel primo pomeriggio dove era in programma al ridotto della Scala un incontro con la Samsung, sponsor di Casa Italia all’Olimpiade invernale di Sochi, che in occasione dei Giochi ha costruito un dream team di 5 atleti (da Zoeggeler a Innerhofer) che ha conquistato 6 delle otto medaglie italiane. Successivamente si è trasferito nella sala Appiani dell’Arena Civica per partecipare al convegno «Lo sport ai tempi dell’Expo». Ha lodato il coraggio di Milano di organizzare un grande evento, «per lasciare qualcosa ai nostri figli», in vista della candidatura Olimpica di Roma 2024; quindi a margine ha parlato ancora di calcio: «A Milano mancano molti impianti. Non c’è una piscina olimpica, un palasport polifunzionale». Poi riferendosi all’interesse del Milan per l’area in cui si svolgerà l’Expo 2015 ha detto: «Non è nella nostra cultura, ma sarebbe bello se un nuovo stadio di calcio avesse una ricaduta anche sul territorio». Una polisportiva stile Barcellona?