(G. Specchia) – Guardati a vista da due blindati di forze dell’ordine, nella piazzetta davanti a Palazzo Santa Chiara dialogano tra loro atalantini e bresciani, napoletani e milanisti. Sono ventidue le tifoserie giunte a Roma con i loro rappresentanti. Da Genova, Milano (anche quelli del basket), Napoli, Avellino, Firenze, Ascoli, Padova, Bologna, Bergamo, Brescia, Torre Annunziata, Cava de’ Tirreni, Venezia, Vicenza, Reggio Emilia e Roma, sponda laziale. Nessuna rivalità tra loro.
Clima Stesso clima tra i politici di Sel e Fratelli d’Italia, rappresentanti del Movimento 5 Stelle, Pd e Radicali. Non c’è bisogno di polizia o carabinieri. Si sono riuniti tutti per discutere delle problematiche relative al tifo negli stadi italiani. Politici e ultrà (ma c’è anche la Federclub Sampdoria) faccia a faccia. I tifosi fanno parlare le immagini del prima e dopo. Cinque minuti della curva genoana, sampdoriana e atalantina in trasferta, il settore ospiti dello stadio di Brescia. Prima e dopo l’introduzione della tessera del tifoso. I politici sobbalzano dalle poltrone. Negli stessi stadi si passa dal tutto esaurito al vuoto assoluto o quasi. Gli avvocati penalisti Giovanni Adami e Lorenzo Contucci si rivolgono ai politici e citano esempi di stadi negati a bambini, semplici tifosi, mogli, amici finiti ostaggio della burocrazia e allontanati, forse per sempre, dal calcio. Giovanni Spitaleri, coordinatore nazionale Figc per la sicurezza, e Antonio Talarico, coordinatore progetto supporter-Figc, ascoltano interessati. L’avvocato leccese Giuseppe Milli annuncia che «probabilmente i playoff di Lega Pro si giocheranno senza Tessera del tifoso. E vigileremo che non sia solo una scelta economica». Il giornalista Xavier Jacobelli cita l’esempio di Giulio Andreotti (il nipote) che si è visto sequestrare agli ingressi dell’Olimpico lo striscione «Libera la Lazio».
La richiesta Il coro, unanime, è che venga introdotta nel nostro sistema la norma di interpretazione autentica degli articoli 8 e 9 della legge 4 aprile 2007, numero 41. In pratica, si chiede di rivedere il concetto stesso di Daspo, il divieto di accesso agli stadi comminato dalle questure. Oggi si rischia infatti di scontare il Daspo due volte per il medesimo reato qualora intervenga una anche minima sentenza di condanna in primo grado per i medesimi fatti per cui anni prima era stato irrogato il provvedimento. La rappresentanza politica promette, compatta, che si impegnerà a un progetto di legge teso a rivedere gli articoli 8 e 9. Accanto a Paola Frassinetti e Carlo Fidanza (Fratelli d’Italia), Mario Tullo (Pd), Paolo Cento (Sel), Mario Staderini (Radicali) ci sono anche i grillini Vito Crimi, Gianluca Vacca e Daniele Del Grosso.
Gli interventi Per Crimi «è il momento di intervenire sulla Tessera del tifoso, uno strumento che non ha portato benefici e nasconde interessi di altro tipo. E anche la legislazione in materia di tifo va rivista, in quanto ha già trovato applicazione in altre battaglie civili, tipo le manifestazioni contro le opere strategiche». Per Paolo Cento la prima battaglia da fare è quella sui cori di discriminazione territoriale: «Una norma che grida vendetta, in quanto li equipara al razzismo vero». Chi pensa che siano le solite parole al vento, si sbaglia. Sta infatti per essere presentata una risoluzione, firmata da 22 parlamentari (primo firmatario Enzo Lattuca, del Pd), che invita a prevedere la convocazione di un tavolo di lavoro che veda coinvolti tutti i soggetti interessati al fine di introdurre nuove e più decise politiche di prevenzione, educazione e dialogo con le tifoserie organizzate. Tra i firmatari c’è Mario Tullo, un tifoso vero. E, da tifoso vero, si rivolge alla platea degli ultrà senza filtri. «Se gli incidenti cessassero definitivamente, se vi mostraste sempre amici come oggi, sarebbe tutto più facile». Il popolo degli ultrà applaude, convinto