(A. Austini) Felice sì, soddisfatto mai. Il futuro è già iniziato per Garcia. E se «tutte le strade portano a Roma», come ricorda il titolo della sua biografia ora disponibile nelle librerie italiane, le stesse percorse in senso inverso potrebbero portarlo chissà dove.
Il tecnico è pronto a legarsi fino al 2017 al club giallorosso, ma prima vuole mettere le cose in chiaro. Parlerà con Pallotta a campionato finito, dettando le sue condizioni riguardo la competitività della squadra e un mercato che si augura non comporti il sacrificio di nessun «big». Compreso Pjanic, su cui il francese pare si sia impuntato mentre i dirigenti stanno già scandagliando il mercato per un’alternativa (ad esempio Paulinho) visto che il bosniaco non ha ancora firmato il rinnovo. Serve anche un attaccante e non è detto sia Iturbe: «Se dovesse partire non credo resterà in Italia» dice il presidente del Verona Setti, cercando di attirare nell’asta «club come Real Madrid e Barcellona».
Intanto da giorni Rudi continua a inviare messaggi al presidente: vuole restare, a patto che la sua Roma possa competere per vincere. «Sto benissimo qui – ribadisce – e spero di conquistare dei titoli. Se facciamo la Champions io voglio almeno passare il girone. Ancora non possiamo paragonarci alle grandi d’Europa, ma è il nostro obiettivo futuro. Con i dirigenti parleremo del rinnovo a fine stagione». Non sarà una questione di soldi, perché «non ho mai preso una decisione per denaro, io scelgo un progetto ed è il motivo per cui sono a Trigoria: i proprietari americani vogliono costruire uno dei più grandi club d’Europa e fanno bene a provarci».
La strada, però, è lunghissima visto che la Roma gioca in Italia e non nei campionati più ricchi, fa i conti con un fatturato di poco superiore ai 100 milioni e vede ancora lontani i profitti che darà il nuovo stadio. Garcia lo sa bene e ragiona con grande concretezza. «Quando si ha una rosa del genere – ripete a Sky Tg24 – il mio desiderio è di tenerla così com’è e rinforzarla con nuovi acquisti. Ma poi c’è il piano economico». Lo stesso problema che si è presentato la scorsa estate e ha costretto la Roma a vendere Lamela e Marquinhos.
Garcia è consapevole che tutto può cambiare da un momento all’altro. «Quando lavoro in un club – aggiunge all’Hufflington Post – lo faccio come fosse l’ultimo. Anche qui. Non dipende solo dall’allenatore, c’è un presidente e ci sono i risultati. Non sono caduto con l’ultima pioggia, come si dice in Francia. E verrà forse un giorno in cui, non per mia decisione, dovrò andarmene. Infatti, all’ingresso di casa tengo la valigia pronta». L’ha capito benissimo Rudi quanto sarà diversa l’aria attorno alla squadra quando arriverà qualche sconfitta in più. «Non sono un ingenuo. Ora che va tutto bene sembra una passeggiata. Non sarà sempre così. L’ho già vissuto a Lille: se ti abitui a mangiare in un ristorante con le stelle, tornare in cantina è dura. Gli eccessi in negativo li ho vissuti anche con i giocatori, all’inizio della stagione. Ed è stato terribile».
Sembra un secolo fa, invece sono passati appena nove mesi da quel confronto tra il tecnico e i tifosi inferociti a Riscone. Ora la Roma ha cinque giornate per chiudere in bellezza la stagione che la riporterà in Champions e far sudare ancora lo scudetto alla Juventus. Garcia non si è arreso. «Sicuramente ogni giornata che passa è più difficile, ma le cose arrivano quando meno le si aspettano. Sembra impossibile, ma forse proprio ora può succedere, no? ». Ammette pure che «nonostante ci siano 15 punti in ballo, vincere il titolo non sarà per quest’anno. Ma è l’obiettivo per cui dobbiamo lavorare. Intanto la gente si goda il momento felice. Senza complessi di inferiorità nei confronti del Nord. Noi siamo la capitale, siamo forti, abbiamo tante belle cose da vivere insieme». Ha imparato tutto in fretta.