(U. Trani) – Rudi Garcia sbandiera in pubblico, con coerenza, le sue convinzioni. Tiene il punto e non arretra. In campo e fuori. Forte della posizione conquistata dentro il fortino di Trigoria, invia messaggi che l’ambiente sposa e promuove. Su aspetti separati e al tempo spesso coincidenti. Anche perché presi di petto da chi, per dirla alla Luciano Spalletti, ha ricostruito la Roma dalle macerie. Il Grande Restauratore, ancora più che l’Uomo della Provvidenza, per usare l’etichetta bocciata dal dg Baldissoni, focalizza l’interesse sui due argomenti principali: 1) la corsa per lo scudetto che non è finita: stasera bisogna battere il Milan (ore 20,45 all’Olimpico) per riportarsi a meno 5 dalla capolista in attesa del monday night (lunedì sera Sassuolo-Juventus); 2) il mercato deve migliorare l’organico, con la conferma dell’attuale e l’arrivo di alcuni rinforzi, per essere in grado di far bella figura sia in campionato che in Champions. La tifoseria e la squadra sono con lui. Lo seguono sul presente e sul futuro. Anche la società fa sapere, informalmente, di condividere. Ci mancherebbe altro che qualcuno la pensasse diversamente dal francese che sta insistendo sulla Roma che verrà. «Facciamola ancora più forte» è il suo slogan. Di grandissima attualità.
OLTRE IL SECONDO POSTO
«Pure se abbiamo poche chance, dobbiamo continuare a vincere: siamo in Champions, ma mancano quattro partite e possiamo ancora giocare per il primo posto. Lo dico da Firenze, io non mi accontento». Garcia, anche per scongiurare il rilassamento del gruppo,guarda in alto. Sa, però, di incrociare l’avversario peggiore: «Il Milan è l’ultima italiana ad aver lasciato la Champions, viene da cinque vittorie di fila e vuole entrare in Europa League. Sarà gara tosta». La Roma ha nel mirino il nono successo consecutivo e il record assoluto di punti della sua storia, davanti a più di 50 mila spettatori pronti a cantare sulle note dell’inno della Champions ritrovata.
NO ALLE CESSIONI
«Io non metto condizioni per restare, ma sono ambizioso. Penso che la Roma lo è come me: sia il club che i giocatori». Garcia, con garbo, chiede garanzie alla società. Non su se stesso, tant’è vero che non tira in ballo il suo rinnovo di contratto, ma sulla nuova rosa. Nessuna partenza e qualche innesto. «Solo una volta mi è accaduto in Francia: così, l’anno dopo, ho vinto scudetto e coppa con il Lille», dice con la giusta vanità. Non pretese la luna, ma bastò la conferma dei migliori. «Arrivarono Moussa Sow e altri, in scadenza di contratto e senza spendere troppo». L’attaccante in più e rinforzi sparsi, anche se non manca poil’ennesimo accenno ai top player. «Bisogna fare come la Juve e il Napoli, portare in Italia gente come Tevez e Higuain. E’ importante vedere giocatori così in questo campionato».
Nessuna richiesta esagerata, solo l’organico più completo e numeroso. In sintonia con Sabatini. «La società vuole la stessa cosa, cioè essere competitiva. Ma soprattutto i calciatori: loro sanno che siamo andati avanti con questa rosa solo perché abbiamo giocato una volta a settimana. Se fossimo scesi in campo ogni tre giorni, perdendo giocatori per diversi mesi, perché non ho avuto Destro all’inizio, poi in mezzo sono mancati Totti e Gervinho, Strootman per quattro mesi, sarebbe diventata dura. Se succede il prossimo anno, senza una rosa più ampia, sarà molto, ma molto difficile. Se vogliamo essere competitivi, bisogna lavorare in questa direzione: è un atteggiamento di buon senso. E siamo d’accordo con la società e con Walter, è il caso di riflettere bene. Presto avrò tutto il tempo per parlare con Sabatini e con il presidente».
CRITICHE A LIVORNO E BOLOGNA
Spostandosi nuovamente sul lunghissimo weekend di campionato, Garcia è severo con due colleghi, ultimi ospiti allo Juventus stadium. Rimprovera Di Carlo, capace di risparmiare alcuni titolari, e Ballardini, raggiante a fine gara per la sconfitta di misura contro la capolista. Lo dice per responsabilizzare Di Francesco che attende Conte a Reggio Emilia: «Dal Sassuolo mi aspetto che giochi come una squadra che vuole salvarsi e schierando i migliori. Non è sempre stato così per chi è andato a Torino. Non voglio vedere il Sassuolo che ha lasci i giocatori più bravi in panchina, nè sentire allenatori che nel dopo partita dicano: “Abbiamo perso solo uno a zero, che bel risultato”». Chiaro, dunque, fino in fondo.