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LA REPUBBLICA Il prefetto in trincea: “Basta ricatti avrei fatto giocare anche col morto”

Giuseppe Pecoraro
Giuseppe Pecoraro

(C. Bonini) Il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, è l’uomo che ha deciso che Napoli-Fiorentina si doveva giocare. Tifoso del Napoli, era in tribuna autorità all’Olimpico. Accanto al tifoso della FiorentinaMatteo Renzi, al presidente del Coni e tifoso della Roma, Giovanni Malagò. E ora, a distanza di 24 ore, di quella scelta rivendica le “ragioni”: “Intorno alle 20 di sabato, ho chiamato il capo di gabinetto del ministro Alfano per informare che avrei fatto disputare la partita. Ho aggiunto che se il ministro fosse stato di diverso avviso sarei stato naturalmente pronto a riesaminare con lui la mia decisione. Non sono stato richiamato”. Avrebbe fatto giocare anche se fosse arrivata la notizia che il tifoso napoletano non ce l’aveva fatta? “Avrei fatto giocare comunque”. E con quale animo mi scusi? “Con quello di un prefetto che deve garantire il principio su cui si fonda uno Stato di diritto democratico e che, di conseguenza, è tenuto ad applicare la regola cardine dell’ordine pubblico. II principio secondo il quale il diritto della maggioranza va tutelato dai tentativi di espropriazione e sovversione di una minoranza. Ieri sera, c’erano 55 mila tifosi per assistere a una partita e avevano diritto di farlo. E ce n’erano 5 mila che sostenevano di volerlo impedire. Se avessi ceduto al ricatto di quella minoranza non solo sarei venuto meno al principio, ma il problema di ordine pubblico lo avrei creato io. E questo non è pensabile. Cosa si disse nel 2004 dopo la derisione di non far giocare il derby Roma-Lazio? Che le società e il prefetto di Roma avevano ceduto al ricatta delle curve».

Con Genny’a carogna, ieri sera, avete interloquito anche *Interloquito, non trattato. Quel tipo è stato informato delle condizioni del tifoso colpito alla schiena e della natura occasionale del ferimento. Volevamo solo tranquillizzare la curva che, a quanto pare, aveva scelto lui come rappresentante. Salvo aggiungere che chi ha sparato, Daniele De Santis, in arte “Gastone, è un altro vecchio cliente da stadio *Non me li scelgo mica io gli interlocutori della curva. Né sono certo io che decido che un tipo come De Santis sia ancora in ‘colazione. E comunque è come dire che se vengo chiamato a sbrogliare una rapina con ostaggi, io mi scelgo il rapinatore con cui parlare. Cosa vogliamo? liberare gli ostaggi parlando con il rapinatore o farli ammazzare’. La vedova dell’ispettore Raciti, guardando le immagini di Genny ‘a carogna con indosso una t-shirt inneggiante all’assassino del marito, ha detto “E’ una vergogna. Lo Stato ha perso”. «Non immagina quanto comprenda il dolore e l’amarezza della vedova Raciti. Ma, insisto, dobbiamo essere onesti nel dirci una volta per tutte la verità». Quale? «Piaccia o no, le istituzioni hanno operato in ‘stato di necessità’, in nome di una “ragion di Stato’. Si lavora per la “riduzione del danno’. Il problema non è del sottoscritto o dei funzionari di polizia che, per evitare il peggio, sono chiamati al lavoro sporco di sedersi davanti a certi soggetti. Il problema è di chi li legittima».

Chi li legittima? I tifosi, innanzitutto. E anche alcuni presidenti di società calcistiche che finiscono per attribuire un molo a questi signori. Il presidente della Lazio Lotito, da mesi, combatte solitario la sua battaglia contro il ricatto ultrà della curva nord. Qualcuno lo ha forse additato come esempio di coraggio? Non mi pare. Al contrario, ho visto società lamentarsi per i vincoli imposti dalla tessera del tifoso. Anche la stampa mi sembra assai ondivaga. Insomma, dobbiamo tutti decidere se allo stadio siamo cittadini che tifano o tifosi obnubilati. E se sia utile delegittimare dal lunedì al sabato le istituzioni che fanno da frangiflutti a tutto questo, confondendo una patologia con la fisiologia. Si riferisce alle ultime difficili settimane passate dalla Polizia? “Anche. Ma pensavo pure da prefetto a quale percezione oggi trasmetta una figura come la mia, di cui appena ieri si è finito di spiegare l’inutilità in una logica di tagli e spending review. Dovremmo decidere con responsabilità di evitare, anche nell’uso delle parole, che si creino le condizioni per cui in questo Paese finisca per contare più un Genny’a carogna che un funzionario dello Stato”.

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