(F. Pasqualetti) – Sembra una barzelletta. O forse è proprio una buffonata: il destino di Campo Testaccio è ancora appeso a carte bollate, tribunali, ricorsi. E i sogni di vedere quell’impianto aperto a partite di calcio e a un presente decoroso diventano sempre più utopici. Lasciamo stare la storia, la gloria (come recita la famosa “canzona” testaccina che decanta le gesta dell’As Roma anni ’30) e i ricordi di fede giallorossa: quella di Campo Testaccio è una vergogna per l’intera Capitale. Dal 2006 quello che fu lo stadio romanista dal 1929 al 1940 è un cantiere abbandonato.
Un ammasso di terra, polvere e vergogna dove sono stati seppelliti tutti i buoni propositi di realizzare un parcheggio (la zona ne avrebbe bisogno come il pane) e, sopra di questo, un impianto per le squadre giovanili del Testaccio (che in tutto il rione hanno solo il campetto dell’oratorio di Santa Maria Liberatrice) e un piccolo museo storico della società sportiva Roma. Tutto bello, per carità: peccato che, come troppo spesso accade nella Capitale d’Italia, certi progetti restano sogni.
Con Campo Testaccio, però, si è toccato il fondo. Le parole di Alessandro Cochi non fanno una piega e noi le sposiamo a pieno: il Campidoglio faccia il Campidoglio e faccia valere il proprio peso. Solo così Campo Testaccio potrà uscire dalla polvere e tornare alla giusta gloria. Il resto sono chiacchiere inutili che questa città ha sentito troppe volte.