(M. Caputi) – Nei giorni successivi al tracollo della Nazionale ai Mondiali, sembrava che la scelta del ct fosse il problema maggiore. Come se, scegliere il nuovo allenatore, permettesse al calcio italiano di ripartire di slancio. Invece, non solo deve essere prima nominato il nuovo presidente e successivamente il tecnico, ma serve guardare in faccia la realtà. I problemi sono gravi e strutturali, il calcio italiano non va curato con semplici aggiustamenti: ha bisogno di essere rifondato. Il nuovo presidente deve essere uomo che ne conosca i problemi, che abbia esperienza e che, oltre ai voti, possa contare su un valido e costruttivo sostegno dalle varie componenti federali. Non è certo una questione di età, bensì di idee, della voglia di cambiare.
Ma c’è realmente la volontà di cambiare? Per farlo serve soprattutto un atteggiamento diverso dei dirigenti calcistici. Parlare di personaggi nuovi o di quarantenni non ha senso. Servono qualità e spessore, indipendentemente dalla carta d’identità. Più che per gli allenatori la ”cantera” serve per i dirigenti. Il prossimo presidente federale avrà due anni a disposizione: non sono tanti, possono però essere abbastanza per iniziare un nuovo percorso. Questo sarà possibile a una sola condizione: il sostegno di tutte le componenti del Consiglio. Dovranno essere messi da parte gli interessi del gruppo che si rappresenta, per quelli di tutti. Altrimenti non si potrà compiere nulla, visto che per qualsiasi riforma serve il 75% dei voti. Un ruolo fondamentale lo ricopre la Lega di Serie A. È lei il motore del calcio italiano e se questo funziona male molte responsabilità sono le sue. Non ha una guida forte, ne, tanto meno, una progettualità. I presidenti hanno pensato solo a guadagnare più soldi, tralasciando l’aspetto più importante: spenderli bene.