Alan Arario, 19 anni compiuti il primo aprile, è conosciuto da tutti i fan del River Plate. Enganche o volante, per dirla alla sudamericana, può stare dietro alle punte, fare il centrocampista di sinistra, ma attaccante lo è stato lui stesso, però in prima squadra non c’è mai arrivato pur avendone tutte le possibilità. Nato a Buenos Aires, a otto anni ha cominciato a giocare nella cantera del River. Centrocampista ambidestro, a 12 anni si è trasformato in attaccante e in una partita tra le Academie di River e Chacarita, finita 14-2, Arario di gol ne fece addirittura 11 e nella stagione d’esordio della Liga Metropolitana di categoria in 26 incontri 41 reti portavano la firma del neo giallorosso.
Poi nel 2009, si giocava Boca-River, e non importa se la sfida è per la Primera oppure per un campionato giovanile, la rivalità è sempre la stessa. Così sul 2-0 per gli Xeneizes, arriva un rigore per i Millonarios: lo tira Arario, un cucchiaio alla Zidane: traversa come per il francese nella finale mondiale del 2006 contro l’Italia, solo che questa volta la palla invece di varcare la linea torna in campo, testa di un compagno e 2-1. Nei minuti di recupero un altro penalty per il River e qui scoppia la rissa. Un putiferio, al punto che alla fine, dopo una sospensione lunga una eternità, sul terreno di gioco rimangono solo il portiere del Boca e Arario, per l’esecuzione. Ma dopo quel Superclasico da ricordare Alan Arario sparì, all’improvviso: non sapevano più dov’era, lui e i genitori. Li ritrovarono in Spagna, a Madrid a trattare con l’Atletico.
Quando il River venne a saperlo, scoppiò un altro putiferio, questa volta per una causa contro i “colchoneros”. Tornato con la maglia dei Millonarios, Arario ha passato le diverse Under, ma il River, che aveva l’80% del cartellino (l’altro 20% apparteneva al giocatore) lo ha lasciato andare a Roma a parametro zero, senza ricevere nulla in cambio. In Argentina non riescono a capire perché.
Fonte: Corriere dello Sport