(A. Bocci) – Il mercato ai tempi della crisi è una specie di lenta agonia, a caccia di un’occasione, meglio se in prestito e in qualche caso con una fetta d’ingaggio pagato. Non siamo più i primi del mondo, come nei meravigliosi anni Ottanta, in cui d’estate comandavamo le trattative e d’inverno eravamo i migliori sul campo: il Napoli aveva Maradona, la Juventus quel genio di Platini, il Milan gli olandesi più bravi e l’Inter i tedeschi più forti. Ora anche i ricchi piangono: gli stadi sono fatiscenti, gli introiti del marketing ridicoli e la forza economica di una società, grande o piccola che sia, dipendente dal contratto (collettivo) televisivo. Così Suarez è andato al Barcellona, Lewandowski al Bayern Monaco, Diego Costa al Chelsea e noi ci accontentiamo degli scarti. I campioni ci scansano.
L’Italia prima era un punto di arrivo, adesso — nella migliore delle ipotesi — un trampolino di lancio verso Spagna e Inghilterra o l’eldorado di stelle che il meglio lo hanno dato e ci scelgono per sparare le ultime cartucce (Tevez e Gomez) oppure a caccia di una rivincita (Higuain). A fare la differenza sono le cifre per il cartellino salite in maniera esponenziale negli ultimi tre anni, ma soprattutto la portata degli ingaggi. Juve e Milan, quelle che ancora pagano meglio, hanno fissato il tetto intorno ai 4,5 milioni. Cifre che non scaldano il cuore di Messi, Cristiano Ronaldo e Ibrahimovic, ampiamente sopra i 10 milioni netti a stagione. La scommessa di Thohir è rilanciare l’Inter contenendo il monte ingaggi e puntando sui giovani di talento, un po’ come ha fatto il Napoli, salvo poi scoprire che quando il giovane diventa fenomeno bisogna pagarlo di più e spesso non basta (è il caso di Cavani). Il calcio ai tempi della crisi è cambiato, almeno nel Belpaese: non bisogna affezionarsi ai giocatori, ma soltanto alla maglia. Non esistono più le bandiere, l’ultima è Totti e i romanisti devono tenerselo stretto. Anche i procuratori, pian piano, hanno cambiato pelle, trasformandosi in mediatori, procacciatori d’affari, suggeritori e ideatori di trattative lampo: si guadagna di più e si hanno meno rogne. Il problema è che ogni anno le cose vanno peggio. Senza riforme e senza stadi, la nostra competitività in Europa è scesa ai minimi storici. E i nostri dirigenti battono, con sempre maggiore frequenza, la strada degli svincolati, i cosiddetti free-agent, cioè i giocatori senza contratto. Galliani lo sta facendo con alterna fortuna. La Juve è stata bravissima con Llorente e soprattutto con Pogba, ma adesso difendere il prorompente francesino dall’assalto di Psg e Real Madrid rischia di diventare un’impresa impossibile. Aspettiamoci una seconda parte di estate di passione, attese lunghe e snervanti, sino agli ultimi giorni di agosto quando qualcosa si muoverà e, se saremo bravi, riusciremo a fare qualche buon colpo.
Intanto da tre anni a questa parte abbiamo sempre perso il capocannoniere: prima Ibra, poi Cavani, adesso Immobile. Ma potrebbe andare peggio, considerando il pressing di mezza Europa su Cuadrado, Vidal, lo stesso Pogba, tra i pochi giocatori rimasti a impreziosire il nostro già povero campionato. Balotelli, invece, non lo vuole nessuno, ma questa è un’altra storia. Basta aprire un qualsiasi giornale per lasciarsi prendere dallo sconforto. La Juve, che mirava a Sanchez, prova a scaldare il cuore dei suoi tifosi con i giovani Morata e Pereyra e lo stagionato Evra, e la Roma affiancando il motorino Iturbe a Gervinho. Le altre, al momento, sono indietro: l’Inter sogna Jovetic in prestito; il Milan il colombiano Jackson Martinez del Porto soltanto se riuscirà a cedere Balotelli; il Napoli è impegnato a blindare Higuain e la Fiorentina a difendere Cuadrado. La prossima, almeno in Europa, sarà un’altra stagione in salita. Il mercato vero lo fanno gli altri: il Chelsea ha speso 75 milioni tra Diego Costa e Fabregas, il Psg 50 per David Luiz (ma vale davvero tutti questi soldi?), il Barcellona 100 tra Suarez e Rakitic, l’Arsenal 40 per Sanchez, il Real solo 25 per Toni Kroos, ma promette di scatenarsi per due colombiani: il fantasista James Rodriguez, stella del mondiale, e Falcao. Insomma, il divario è destinato ad aumentare. E noi, come troppo spesso è successo negli ultimi anni, dovremo accontentarci.