(A.Angeloni) – Rifiutare la Lazio gli ha regalato un posto in paradiso. «Io solo ho scelto la Roma, non ho rifiutato nessuno», precisa Davide Astori da Bergamo, 28 anni il prossimo gennaio. «Questo è un gruppo importante, puntiamo a vincere qualcosa». “Designer di fama mondiale, calciatore nel tempo libero”, così si presenta su twitter. «Ho la passione per il designer. Mi piacciono i negozi di arredamento vintage», dice. Questa è nuova. E come le è venuta? «Tanto tempo fa, leggendo giornali e vedendo mostre. Mio fratello è architetto, durante il ritiro leggevo spesso riviste di settore ».
Lei è fidanzato con Francesca Fioretti, una ragazza del mondo dello spettacolo, ma l’impressione però è che sappia schivare il gossip. Insomma, non è Icardi.
«E’ così, per fortuna anche la mia compagna non ama la vita da vip. Devo dire che questo aiuta la coppia. Sono uno tranquillo e allo stesso tempo curioso. Sono un po’ chiuso, tipicamente bergamasco, Cagliari nel tempo mi ha fatto aprire un po’. Roma per me è una scalinata che mi aiuterà a crescere».
Tornando alla Lazio: lo sa che il suo trasferimento ha scatenato lo sfottò social dei romanisti contro i biancocelesti?
«Sì e certi messaggimi hanno anche divertito. Se non altro, ho capito l’importanza del derby».
Quasi un mese di Roma. Primo bilancio.
«Scombussolato dai viaggi. Praticamente di Roma ho visto solo Fiumicino».
Si dovrà abituare a certi spostamenti.
«Con il Cagliari giocavamo sempre in trasferta, sono abituato… ».
Di Roma cosa vuole conoscere, a parte Fiumicino?
«Sono incuriosito da posti come Trastevere, il quartiere Monti. Mi piacciono i luoghi alternativi. Ma Roma è bella tutta. Per chi viene dal nord, è difficile trovare posti del genere».
Bergamo non è male, anzi.
«Sì, ma è due piazze di Roma».
Non crede di essere arrivato tardi in una big?
«Mai tardi. Diciamo che è il momento giusto. Cagliari, a differenza di altre piazze, non tende a liberarsi presto dei suoi calciatori, ma li lascia andare via quando sono maturi».
Il Milan non ha creduto in lei: è il momento delle rivincite?
«In parte sì. Quella storia mi è rimasta dentro. Oggi “ringrazio” anche i rossoneri per avermi portato a Roma».
Lei e Nainggolan avete riavvicinato Roma e Cagliari.
«La vittoria a tavolino di due anni fa aveva creato un po’ di tensioni esterne ma dal campo non avvertivo questa rivalità».
Daniele Conti perché viveva nervosamente le gare con la Roma?
«Lui sente tutte le partite in modo passionale. Tornare all’Olimpico era come tornare a casa, sua papà lavora a Trigoria, i suoi amici sono a Roma. Certo, aver fatto qualche gol di troppo alla Roma non l’ha certo aiutato con i tifosi giallorossi. Ma il suo non era astio».
Che aria si respira nella Roma: c’è la sensazione che sia l’anno giusto?
«Noto un grande senso di responsabilità trascinante. La Juve viene da una stagione straordinaria, credo che questo campionato sarà più equilibrato».
La spaventa che qualcuno possa lasciare la Roma e che si possano perdere certe sensazioni positive?
«Se parte qualcuno, sarà rimpiazzato con uno pari o migliore. Sarei contento se rimanessero tutti».
Compreso Benatia.
«Spero che resti, mi sto trovando bene con lui».
E’ vero che due destri in difesa sono compatibili, mentre due mancini no?
«E’ una leggenda metropolitana. Destro, sinistro, in fondo sempre un centrale sei…».
Se gioca con Castan, lei allora sta adestra?
«In genere mi sono sempre spostato io. Anche a Cagliari con Ariaudo o in Nazionale con Chiellini e Ogbonna. E poi io sono un mezzo mancino. Scrivo con la destra».
Come immagina il suo esordio in Champions.
«Sento già la musichetta, sarà un’emozione indescrivibile. Di sicuro non avremo un girone facile ma sarà un banco di prova importante. La squadra è costruita per giocare bene tutte le competizioni, non sfigureremo ».
Ci parli di Garcia.
«È come me lo hanno raccontato: parla molto con i giocatori, dà consigli, è bravo a individuare le situazioni delicate e sul campo è attento ai dettagli».
Un esempio?
«A ognuno dà sempre un compito. Il mio, nell’ultima amichevole, era la chiusure preventiva».
E sarebbe?
«Ogni giocatore quando la squadra attacca deve trovarsi dove il pallone potrebbe finire in caso di ripartenza dell’avversario ».
L’aveva già fatto?
«No, non così».
L’allenatore che le ha dato di più?
«Allegri, mi ha fatto giocare a vent’anni in serie A».
Molto diverso da Garcia?
«Più tranquillo e introverso».
Si sente un’alternativa di lusso o un titolare?
«Con sessanta partite devi avere venti titolari. La Roma punta su di me».
In cosa deve migliorare?
«In alcune frazioni di gioco devo mantenere la pressione ed essere più aggressivo sull’uomo».
Garcia le chiede anche di impostare?
«Bisogna saperlo fare. Un difensore moderno è anche un po’ centrocampista».
Insomma non deve solo dare la palla a De Rossi…
«Beh anche».
Daniele è un bel parafulmine.
«E’ uno dei migliori al mondo in quel ruolo, ci toglie responsabilità ».
Totti che figura è, visto da vicino?
«Spero solo smetta il più tardi possibile».
Sa che per colpa sua Destro non è andato al mondiale.
«Lasciamo stare, me lo avrà ripetuto cento volte…».
Alla fine è stato un cazzotto determinante.
«Molto ingigantito. Ne capitano tanti di fatti simili. Fosse dipeso da me non avrei fatto polemiche, poi c’è una giustizia sportiva… A me è dispiaciuto per Mattia».
Ha conosciuto Pallotta negli Usa, che impressione le ha fatto?
Ha molto entusiasmo. Vuole portare la Roma in alto».
Perché hai scelto il 23 come numero di maglia?
«Perché è il numero fortunato di Cellino. E per altri motivi privati che vorrei tenere per me».
E’ attaccato a Cellino.
«Un genio. Personaggio dal grande carisma».
Dall’esclusione di Destro dal Mondiale alla sua?
«Dopo tre anni di convocazioni, per me è stata una delusione. Spero non sia un capitolo chiuso ».
Che Italia sarà la prossima?
«Le basi che il nuovo ct, Conte o chi per lui, non sono eccezionali. Ma al di là del selezionatore, serve una rifondazione al livello globale».
Eccola, c’è Tavecchio?
«Spero capisca che il calcio italiano non sta andando nella direzione giusta. Dimostri di poter cambiare veramente le cose e di modificare l’immagine che si è costruito davanti agli italiani ».