(M. Cecchini) – Il suo è un nome quasi onomatopeico. Iturbe sembra contenere in sé l’idea della velocità irresistibile, del lampo fatto carne, in qualche modo della immarcabilità. Tutto sommato, un bel macigno virtuale sulle spalle del 21enne paraguaiano naturalizzato argentino che la Roma ha pagato 22 milioni per il solo cartellino (non intero) arrivando — si dice — in totale a sfiorare i trenta per via delle varie mediazioni che popolano il calcio moderno. Un investimento importantissimo, finora l’unico di un peso, se si pensa che Cole, Emanuelson e Keita sono arrivati a parametro zero, per il baby Ucan è stato pagato «solo» il prestito oneroso di 4,75 milioni, mentre Paredes e Sanabria sono stati presi a gennaio scorso.
SOGNO GALLIPOLI Quanto basta, forse, per far immalinconire Daniele D’Odorico, il presidente del Gallipoli che nel 2010 aveva preso quel 17enne sconosciuto che di lì a poco invece — visto il talento — fece litigare Paraguay e Argentina per via della naturalizzazione, riempiendo successivamente le tasche del Porto che lo ha portato in Europa, a dispetto di quell’affare svanito per via del fallimento del club pugliese. Per il dispiacere di D’Odorico, che in quei giorni affermava: «Ho comprato un fenomeno». E aveva ragione.
APPUNTI «SEGRETI» Insomma, nessuna sorpresa, perciò, che il giorno dell’annuncio dell’acquisto di Iturbe — coincidente all’addio a sorpresa di Antonio Conte alla Juventus — sia stato uno dei più lieti della storia giallorossa recente. L’aggancio — forse il sorpasso — ai rivali bianconeri sembrava fatto, tanto che c’era chi giurava come le dimissioni dell’allenatore fossero da mettere in relazione anche al sorpasso della Roma sull’attaccante. Quel 16 luglio, però, adesso sembra assai più lontano di quello che in effetti è, visto che un mercato che poteva sembrare virtualmente chiuso con l’arrivo di un altro difensore (Astori), adesso potrebbe cambiare volto sia alla difesa (caso Benatia) che all’attacco (caso Destro). Non solo. Anche l’inserimento di Iturbe è parso più lento del previsto, finché la prova di due giorni fa ad Atene — santificata con una rete su punizione — non ha fatto capire come Juan Manuel sia pronto a prendersi la Roma. E lo ha capito anche Rudi Garcia, tant’è che tra gli appunti «rubatigli» dalla tv greca durante la sfida con l’Aek si è letto chiaramente come desideri che la squadra «trovi Manu e Gervais», ovvero Iturbe e Gervinho, le due frecce che rendono al meglio se non devono sfidare difese già schierate. Il neo per l’argentino? Lo stesso dell’ivoriano: la troppa voglia di prendere la palla e partire in solitario, come faceva a Verona. La cura? Trovare il giusto mix tra gioco di squadra e istintività, quella che in tipi come lui fanno la differenza.
LUI E IL PAPA Ma il ragazzo che, da piccolo, ha ricevuto i complimenti persino da Sua Maestà Leo Messi («sei forte, continua così», gli ha detto in una amichevole giocata insieme), non è solo sprint. È anche calcio da fermo e soprattutto cuore. Non ci credete? E allora vi diciamo che — al netto dell’esordio con la Fiorentina del 30 agosto — Iturbe il gol più bello conta di metterlo a segno due giorni dopo, cioè quel primo settembre in cui il gotha del calcio mondiale — Messi compreso — si darà appuntamento all’Olimpico in onore di Papa Francesco, che riceverà Juan Manuel in udienza privata proprio il primo. E la sua emozione, raccontano a Trigoria, sta salendo alle stelle. D’altronde una benedizione per la scalata alla gloria di sicuro non farà male. Anzi.