(M. Cecchini) Ci sono giorni in cui la vita sembra aver voglia di numeri tondi e in qualche modo di rincorrere se stessa. In questo momento, probabilmente, lo sta pensando anche Daniele De Rossi, proiettato — grazie a cuore e cervello — ad essere già uno degli uomini simbolo dell’Italia di Antonio Conte. Per questo il destino lo ha messo dinanzi ad alcune curiose coincidenze: contro l’Olanda ha segnato il suo 16° gol in azzurro esattamente a dieci anni di distanza dal primo, datato 4 settembre 2004. Non solo. Quella rete fu siglata proprio contro la Norvegia — cioè l’avversario da sfidare martedì prossimo ad Oslo — il giorno del suo esordio in azzurro consumato a Palermo, ovvero lo stadio dove tra un mese (sorte permettendo) Daniele taglierà il traguardo delle cento presenze in Nazionale (ora è a 98). E visto che le coincidenze paiono virare verso il senso di completezza, nessuna meraviglia che il centrocampista della Roma, a Bari, abbia realizzato il centesimo gol di un giallorosso in maglia azzurra, in una serie aperta da Raffaele Costantino nel 1931 contro la Scozia e santificata da un 3-0 il finale.
Regista goleador Il ragazzo a cui Lippi dieci anni fa, facendolo esordire, pronosticava «un futuro al livello di Gerrard e Lampard», è diventato uomo, leader e — un po’ a sorpresa — anche principe dei goleador in una Nazionale che ormai ha perso la continuità sul fronte dei cannonieri. Non a caso, dei 14 calciatori che lo precedono in classifica, Daniele ha davanti solo attaccanti, se si eccettua Adolfo Baloncieri che, ormai fermo per sempre a 25 reti, è però il simbolo di un calcio — quello precedente alla Seconda Guerra Mondiale — totalmente diverso dall’attuale. Senza contare poi un dato che De Rossi evidenzia: di tutte le punte azzurre che hanno segnato più di lui, restano ancora in attività — ed ormai a fine carriera — solo Del Piero (27 gol) e Gilardino (19).
Il ginocchio fa male Ma non è la prolificità che contribuisce a renderlo unico nello scacchiere di Conte. Il c.t. gli ha affidato le chiavi della mediana innanzitutto per fargli trasmettere lo spirito del nuovo vangelo che viene predicato a Coverciano. Non è un caso perciò che Daniele — anche ieri sofferente per la botta rimediata a Bari al collaterale del ginocchio sinistro (ma non è in dubbio) — dica sicuro: «Si deve ripartire da uomini veri e da giocatori veri, da gente che abbia spirito di sacrificio. I giovani contro l’Olanda si sono impegnati tantissimo ed è giusto così. D’altronde, non ci sarebbe bisogno di avere Antonio Conte in panchina per capire cosa rappresenti la Nazionale. Chi non comprende una cosa del genere, ha dei problemi».
Buone sensazioni Lui di sicuro non ne ha, anche se ci tiene a prendere le distanze dal ruolo di scudiero del nuovo tecnico. «Non mi piace parlare del mio allenatore, perché si rischia di passare per ruffiani. Le sensazioni però sono davvero positive, probabilmente è il miglior italiano in circolazione». Insomma, il futuro che avanza ha la grinta di Conte canalizzata in campo da De Rossi. La Norvegia è avvisata: ad Oslo i vichinghi potremmo essere noi.