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Champions
Champions

(P. Condò) – Reclamiamo da talmente tanto tempo – tutti, e a gran voce – un campionato a 18 squadre che alla fine ci hanno accontentato: nel rapido volgere di cinque giornate diciotto formazioni, dall’Udinese al Sassuolo, hanno creato un nuovo torneo liberandosi di due squadre, quelle incapaci di adeguarsi alla mediocrità delle grandi, e di taglia oggettivamente troppo grossa per essere considerate spensierate rivelazioni. Nel campionato a diciotto squadre il premio in palio è il preliminare di Champions, peccato che a mantenerlo tale – in questa fase storica – debbano pensarci soprattutto le due fuoruscite: perché nel rapido volgere di cinque giornate la Juventus e la Roma hanno chiarito che lo scudetto sarà nuovamente un affare tra loro – più acceso ed equilibrato dell’anno scorso, par di capire – e che sempre loro, dopo il flop del Napoli a Bilbao, tenteranno di riverniciare in Champions la decrepita facciata del nostro calcio.

Crash-test Esaurito nell’incipit l’amaro sarcasmo di chi, come noi, auspicava un torneo più combattuto (si cresce in regime di concorrenza, non di monopolio o diarchia), e a fine settembre si ritrova fra le mani questi bei risultati delle milanesi, del Napoli e della Fiorentina, occorre segnalare ai distratti che il vero livello del calcio italiano verrà definito fra oggi e domani dalle due partite di Champions. Roma e Juventus sono state «espulse» – in realtà se la sono svignata da sole – in quanto troppo forti per gli standard della serie A. Ma quanta di questa forza è reale, e quanta indotta dall’estrema fragilità delle avversarie italiane? Il Manchester City stasera per la Roma e l’Atletico Madrid domani per la Juve sono i test perfetti per rispondere. Perché c’è già stato un turno di Champions, nel quale le nostre squadre hanno assolto nel migliore dei modi alla più semplice delle sei missioni che compongono un girone: hanno battuto in casa l’avversaria più debole. L’hanno fatto dando prova di maturità e pazienza – la Juventus col Malmoe – oppure bombardando il rivale di calcio fresco e divertente – la Roma col Cska Mosca -, in ogni caso l’hanno fatto. Come in un videogioco, ora è il momento di passare al livello successivo. E di sopravvivere, naturalmente.

I due campioni Manchester City e Atletico sono i campioni in carica dei due campionati più belli e importanti, la Premier e la Liga, e basterebbe questo a descrivere gli everest che si parano davanti alle battistrada della Serie A. Ha senso spaventarsi per questo? Naturalmente no, perché anche i signori perfettini hanno le loro belle magagne. Prendiamo il Manchester City: pur avendo speso l’equivalente del nostro debito pubblico per allestire una rosa di alto livello – chissà come, i suoi obiettivi di mercato non vengono mai via a poco – la sua storia con la Champions è andata poco oltre i preliminari. Quando il sorteggio l’ha infilato nei gironi de la muerte è appunto defunto, arrendendosi al Napoli (e al Bayern) la prima volta e al Borussia Dortmund (e al Real) la seconda; l’anno scorso l’urna ha fatto la brava riservandogli di competitivo il solo Bayern – confermato quest’anno: è una specie di stalking – e dunque non si è potuto esimere dalla qualificazione agli ottavi. Lì, però, è bastato pescare il Barcellona minore della stagione passata perché Pellegrini non ci stesse più dentro: autobus davanti alla porta in casa propria (!), ed eliminazione cantata fra mille polemiche, perché non ha molto senso spendere e spandere se poi al momento giusto rinunci a giocare. Il City in Europa non ha fiducia in se stesso, aspetto sul quale la Roma esagerata di questi tempi – l’autostima è alle soglie dell’ingresso in orbita – stasera deve colpire con la partita coraggiosa che Garcia avrà certamente preparato.

I meno ricchi La Juve è attesa da un rivale diverso e per molti versi più insidioso, perché a differenza degli sceicchi di Manchester l’Atletico Madrid è un club col fatturato più che umano: quello dell’esercizio 2012-13 (ultimo disponibile) non arriva a metà della cifra bianconera, come vedete nelle tabelle di queste pagine. L’Atletico che a maggio ha vinto il campionato spagnolo ed è arrivato a due soli minuti dal trionfo in Champions è un avversario scomodo perché ci ricorda che i grandi risultati sono raggiungibili anche senza un budget hollywoodiano; occorre una gestione sublime del mercato, e loro ce l’hanno, e un tecnico capace di spostare il limite del solidarismo di squadra oltre i livelli conosciuti. È probabile che neanche i giocatori dell’Atletico sarebbero disposti a morire per i loro compagni; ma dal ferimento grave in giù, se ne può parlare.

Conta il mondo Se la Roma e la Juve sono le grandi squadre che sembrano (in Italia), si giocheranno i crash test di queste due serate con ambizione e personalità. I risultati naturalmente contano, e dal pareggio in poi potrebbe dirsi compiuta anche la seconda delle sei missioni; ma stavolta sarà il modo in cui terranno il campo in due situazioni ruggenti a descriverci lo stato morale del nostro calcio. A Manchester prima del match mettono su gli Oasis a palla, e la gente si carica come una sveglia. A Madrid la bolgia è tale da non sentire ciò che dice il tuo vicino di sedia. Se entri in campo molle in quegli ambientini, vieni stropicciato come un foglio vecchio del calendario e gettato in Europa League. Animo: sono queste le serate in cui ti accorgi del sangue che scorre nelle vene.

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