(N. Cirillo) Lo sapevano tutti, la miccia accesa dalla commissione Affari costituzionali lunedì pomeriggio, prima o poi si sarebbe esaurita. E cosi è stato: è scoppiato un mezzo finimondo attorno all’emendamento che obbliga le società di calcio a contribuire «in una misura variabile fra l’1 e il 3 per cento» degli incassi al pagamento degli straordinari delle forze di polizia durante le partite.
È finita con il Governo che ha posto la fiducia, con la chiusura anticipata del dibattito e il voto nell’aula di Montecitorio, fissato per oggi pomeriggio alle 16.55. Un voto che non riguarderà solo quell’emendamento, ma tutto il decreto varato in agosto per combattere la violenza negli stadi, tutto quel corposo complesso di norme studiato all’indomani degli incidenti dell’Olimpico del 3 maggio che costarono la vita a Ciro Esposito. Il pacchetto passerà poi al Senato e dovrà comunque essere convertito in legge entro il 21 di questo mese.
«RILIEVI NON OSTATIVI» – Ma il daspo elevato a otto anni, l’inasprimento delle pene per la frode sportiva, l’applicazione di norme antimafia agli ultrà, beh, tutto questo è passato quasi in secondo piano. Si è discusso soltanto del prelievo sugli incassi delle partite per recuperare quei 25-30 milioni che lo Stato spende ogni anno. A un certo punto ci si è messa di mezzo anche la commissione Bilancio, annunciando «rilievi non ostativi» a quell’emendamento.
A spegnere gli ultimi fuochi, e ormai era quasi sera, è dovuto intervenire il premier Matteo Renzi con un tweet: «Gli straordinari delle forze dell’ordine impegnate negli stadi devono essere pagati dalle società di calcio, non dai cittadini». Un messaggio chiaro alla Lega, che aveva annunciando ostruzionismo costringendo il ministro Boschi a porre la fiducia; ai Cinque stelle, che parlavano di «dittatura governativa»; a Maurizio Gasparri che per Forza Italia sosteneva una sua verità: attraverso questo prelievo si finanzierebbe in realtà Mare Nostrum.
«SOLUZIONI CONDIVISE» – Ma anche un messaggio -da parte del Presidente del Consiglio- al mondo dello sport che in mattinata aveva scaldato bene i motori, annusando l’aria di scontro. Si era mossa prima la Federcalcio, bollando le nuove norme come «inutili demagogie», anche se augurandosi «soluzioni condivise». Poi il presidente del Coni Giovanni Malagò, dando man forte al presidente della Lega Calcio Maurizio Beretta che già da martedì s’era dichiarato «preoccupato».
Malagò lo sostiene: «Lo capisco, ha ragione. Come in tutte le questioni, giuste o sbagliate che siano, se fatte in corso d’opera, se hai un bilancio e ti dicono dalla sera alla mattina che c’è una spesa supplementare, che peraltro non ho ancora capito come si quantifica, questo non va bene…».
«SI VOTA E BASTA» – Malagò sottolinea di non aver capito «come si quantifica» perché la forbice fra l’uno e il tre cento degli incassi dei biglietti è davvero troppo ampia. È su questo punto che potrebbe esserci ancora battaglia, che potrebbero pesare le pressioni del mondo del calcio. Ma tira dritto Emanuele Fiano, responsabile sicurezza del pd, membro della commissione: «Non so se queste pressioni si faranno sentire in aula. So che conteranno poco: si vota e basta».