(A. Arzilli) «Gli straordinari delle forze dell’ordine impegnate negli stadi devono essere pagati dalle società di calcio, non dai cittadini ». Il tweet del premier Matteo Renzi lancia il voto di fiducia della Camera, oggi alle 17 (dichiarazioni di voto alle 15.30), sul decreto legge contro la violenza negli stadi. La politica tira dritto: tecnicamente il decreto Alfano vale per tutto lo sport, ma il testo indica la totalità degli eventi che innescano le misure del Gos (Gruppo Operativo per la sicurezza, un’estensione del Viminale), cioè praticamente, al 99%, solo le partite di pallone. E infatti il calcio, non a caso unico bersaglio del tweet di Renzi, non ci sta: a breve la serie A si riunirà in un’assemblea d’emergenza per decidere se passare dall’attuale stato d’agitazione allo sciopero. Le altre leghe, la B e la Legapro, seguono a ruota, pronte a fermare il pallone se non ci sarà almeno un confronto prima della ratifica in Parlamento.
Minacce vere, quasi ad invocare una sorta di compensazione fiscale, il calcio spera che si possa almeno aprire una trattativa in proposito. Magari a tema Irap, la cui abolizione per i club era stata buttata lì in estate dal presidente della Juventus, Andrea Agnelli. I motivi del subbuglio sono solo di matrice economica: come ha stabilito ieri la Commissione affari costituzionali della Camera, l’onere dello straordinario dei poliziotti in servizio negli stadi spetta ai club, in soldoni una quota di circa 25 milioni l’anno da intercettare al botteghino (dall’1 al 3% degli incassi) dopo che si è deciso di depennare dal testo il prelievo coatto su sulla totalità delle entrate, diritti tivù compresi. Oggi il decreto, che contiene altri punti come il Daspo di gruppo o l’uso delle pistole elettriche, ha lo step della fiducia alla Camera, poi dovrà passare al Senato ed essere convertito in legge entro il 21 ottobre, pena la decadenza.
Se l’iter sarà rispettato si arriverà al nocciolo della questione: i club si occuperanno di pagare per la sicurezza dentro e fuori lo stadio, però altri continueranno a decidere se, dove e a quanti poliziotti far fare lo straordinario. Di fatto un nuovo balzello che la serie A, già alle prese con la gestione degli steward («Che c’entriamo noi con la sicurezza fuori dagli impianti? Non dovrebbe essere già contemplata nelle tasse?», la posizione della Lega di A) e contribuente dell’Erario per quasi un miliardo sui soli diritti televisivi, non digerisce per niente. Se non altro, Renzi è riuscito nell’impresa di compattare il variegato mondo dello sport.
Carlo Tavecchio, fresco numero 1 in Figc, aveva detto la sua prima del tweet del premier: «Occorre subito un confronto per evitare inutili demagogie». Il presidente della Lega di A, Maurizio Beretta, ha lanciato il suo segnale dicendosi «preoccupato dal provvedimento » e chiedendo «chiarezza » e un «minimo confronto». E il presidente del Coni, Giovanni Malagò, gli ha dato ragione: «Lo capisco. Se hai un bilancio e ti dicono dalla sera alla mattina che c’è una spesa supplementare, che peraltro ancora non ho capito come si quantifica, questo non va bene». Anche perché il Coni, che sul calcio aveva programmato dei sostanziosi tagli (circa 20 milioni sui 62 di fondi irrogati l’anno scorso), in caso di conversione in legge del decreto Alfano si troverebbe con un impedimento al varo della propria, e già annunciata, spending review.