(U. Trani) – «Mi girano proprio le scatole». Gianluca Rocchi, 41 anni, lo ha ripetuto per tutto il giorno ai suoi amici, non solo quelli che, via sms, si sono fatti vivi con lui già nel dopo partita. Per commentare il pomeriggio degli orrori. E degli errori. Chi conosce l’arbitro fiorentino, non si stupisce della sua reazione. Della sua arrabbiatura che nemmeno i suoi due bimbi, con i quali si è fermato per quasi l’intera giornata, gli hanno reso meno pesante.
Permaloso e presuntuoso come tanti altri nella sua categoria, la figuraccia dello Stadium proprio non gli è andata giù. Come essere il secondo, dietro Nicola Rizzoli, all’ultimo mondiale, dove è andato il collega della sezione di Bologna e non lui, perché Pierluigi Collina da tempo ha fatto la sua scelta. Pure se il toscano ha più carattere dell’emiliano che, tra l’altro, è arbitro di riferimento per il Palazzo. Essere inciampato, e di brutto, proprio a Torino, non gli è insomma andato giù. Chi gli ha parlato con sincerità, tra i suoi confidenti, è stato schietto. Dicendogli che è stata la peggior prova della sua carriera. Chissà se sono stati tutti così espliciti. Senza ammetterlo in pubblico, è quanto però pensano sia il capo degli arbitri Marcello Nicchi che il designatore Domenico Messina: non è piaciuta la prestazione, più che le gaffe che hanno inciso sul risultato. Da quell’ammonizione a Francesco Totti, per l’esultanza dopo il rigore dell’1 a 1, alla gestione dei cartellini.
PROVVEDIMENTO MIRATO – Rocchi sarà fermato. Dopo 1 o 2 partite di stop, magari si ritroverà a fare l’arbitro di porta. Perché lì, a meno di nuovi errori, nessuno farà caso inizialmente al suo ritorno sul palcoscenico. E per motivi d’opportunità, durante questo torneo, non sarà più chiamato a dirigere la Juventus e la Roma. Basta incroci con le due grandi rivali. E’ meglio eliminare sospetti e insinuazioni. Lo stesso presidente federale Tavecchio è stato diretto con Nicchi, quando gli ha chiesto se fosse l’arbitro giusto per lo scontro diretto allo Stadium. Bocciato domenica pomeriggio, non è da riproporre con le due regine del torneo.
MOVIOLA PERSONALIZZATA – I fatti li conosce a memoria. Visti e rivisti. Da solo. O sentendo il commento di ex colleghi, ora opinionisti-moviolisti nei vari programmi tv. A caldo si è giustificato con i dirigenti giallorossi. Rocchi ha parlato ovviamente con i suoi capi, cercando di analizzare gli episodi che faranno discutere a lungo. La sua posizione è precisa, almeno sui tre momenti chiamati in causa dalla Roma: 1) sul primo rigore, gomito di Maicon che si copre la faccia su punizione di Pirlo, lui ha concesso il calcio da fermo dal limite, correggendo poi la decisione su input del primo assistente Faverani; 2) può aver visto male esclusivamente sul terzo rigore, entrata di Pjanic su Pogba: non ha la certezza che il fallo sia stato commesso all’interno dell’area; 3) sul gol di Bonucci, l’arbitro di porta Banti non gli ha segnalato la posizione irregolare di Vidal (tra l’altro il regolamento, cambiato per il fuorigioco, non aiuta). «Se ho sbagliato, l’errore è uno. Quando ho concesso il terzo rigore. E nemmeno sono sicuro di aver visto male, perché neppure le immagini hanno fatto chiarezza» ha ribadito in mattinata agli amici con i quali si è sfogato.
GIORNATA IN FAMIGLIA – Alla periferia di Firenze, in via Soffiano, si è visto alle 9 e mezza. Dopo il caffè al bar, è entrato dal giornalaio per acquistare i quotidiani. Come fa ogni mattina prima di spostarsi a Lastra a Signa, nell’azienda del papà (vendita lampadari). Vive nella zona ovest della città, verso Scandicci. Ieri si è dedicato ai suoi bambini, 3 anni il più grande e 1 il piccolo. Rocchi, lo sanno bene i suoi amici fiorentini, da adolescente non ha mai nascosto le sue simpatie per la Juve. Lo sa bene anche il premier Matteo Renzi. I due si conoscono molto bene. Più di vent’anni fa iniziarono a girare e a incontrarsi sui campi dei Dilettanti, entrambi arbitri nella sezione di Firenze. Hanno due anni di differenza. Rocchi è più grande e ha continuato, Renzi si è fermato. Anche il nostro capo del governo aveva personalità come l’amico, ospitato più di una volta, nei suoi 5 anni a Palazzo Vecchio. Per un caffè e due chiacchiere da appassionati di calcio.