(L. Garlando) Veder rotolare quel piccolo pianeta sferico sull’erba, dopo tante parole velenose e sospetti sui massimi sistemi, è una rivoluzione copernicana. Meno male…. Oggi Roma e Juve riprendono a rincorrersi sul campo. La speranza è che, dopo essersi azzuffate allo Stadium, riprendano a provocarsi a colpi di giocate. Una sterzata di Tevez, un’accelerata di Gervinho, un cucchiaio di Totti, una perla di Pirlo… Sono il meglio che abbiamo; «una galleria d’arte», titolavamo alla vigilia dello scontro diretto: ricomincino a pitturare calcio. L’appello di James Pallotta, che ha trovato le parole più opportune nel saloon («Respiriamo e diamoci una calmata»), resta valido per tutti. Spicca la curiosa distonia tra l’indicazione presidenziale e le parole della squadra: De Sanctis prima, Garcia ieri che è tornato sulla «vergognosa accoglienza di Torino», sul «rispetto dovuto al capitano». Come se la dirigenza si rivolgesse alla testa del popolo e la squadra alla pancia.
La Juve ha reagito soprattutto col silenzio, forse esagerato: qualche scusa più scandita, dopo la gazzarra attorno alla panchina giallorossa, non avrebbe guastato. Il galateo della Signora prevede altra ospitalità. Allegri ieri ha tenuto un profilo rasoterra. In cuor suo è convinto di vincere lo scudetto, ma non ha bisogno di dirlo. Garcia sì, e ieri lo ha fatto in modo plateale, violentando la sua abituale prudenza, per dare una scossa forte alla squadra e intercettare il calo di autostima dopo Torino. Una sviolinata alla truppa e alla curva. La fascia di capitano a De Sanctis sarebbe una mourinhata in più: tutti stretti attorno al portiere uscito a valanga sulla Juve, cementati contro il rumore dei nemici. La forbice con lo spirito Pallotta però si spalancherebbe. Juve e Roma ci divertiranno fino alla fine. Auguriamoci senza alimentare altri sospetti e picconare l’attendibilità del gioco che merita rispetto. Non meno del capitano.