(M. Calabresi) Quando sei all’ultimo chilometro e vedi il cartello del traguardo, nelle gambe spuntano energie nascoste. Immaginate la Roma in bicicletta, sette tappe in tre settimane: due pianeggianti (Chievo e Cesena), una in falsopiano (Sampdoria), una in salita (Napoli) e due cime Coppi (Bayern). Ne manca una, che di norma sarebbe quella sugli Champs Élysées, la passerella: no, stavolta no, l’ultima tappa è decisiva, perché vivere due settimane di sosta con il broncio non è il massimo, considerando che già dopo i k.o. contro Napoli e Bayern il morale non è alto. RomaTorino è una finale: Garcia lo ha fatto capire con le scelte di Champions, tra le due partite ha privilegiato quella di campionato. Fuori De Sanctis, Pjanic, Totti e Gervinho, tutti titolari domani sera. Loro si sono riposati: chi per tutta la gara, chi per una buona parte.
SPIA ROSSA – Beati loro, diranno invece quelli che non si sono mai potuti fermare. Manolas e YangaMbiwa aspettano il rientro di Castan e Astori, Nainggolan e Pjanic quello di Strootman, che dopo Keita andrà a completare un reparto che Garcia non vede l’ora di poter avere per intero. Giocano ogni tre giorni, sono stanchi: si vede in campo, Garcia se n’è accorto. Non è stupido, ma a Trigoria sfida la fatica: «Facciamo l’ultimo sforzo, battiamo il Torino, poi con il rientro degli infortunati le cose andranno meglio». E finalmente la Roma potrà trarre beneficio da una rosa costruita con almeno due giocatori per ruolo. Ora è il contrario: Florenzi (out per domani, come Holebas), gioca davanti o a centrocampo rischiando di fare anche il terzino, Torosidis ha fatto pure l’esterno sinistro, De Rossi a Napoli per poco non finiva difensore centrale, «pericolo » scampato solo per il recupero di Manolas, che si è riposato solo durante le due giornate di squalifica dopo il «testa a testa» con Morata e per il resto ha giocato sempre.
OSSESSIONE – Come nell’17 contro il Bayern Monaco, da lui definito «la peggior sconfitta della carriera. Ci hanno dato una lezione di calcio, noi facevamo acqua da tutte le parti, nessuno ha avuto il coraggio di parlare negli spogliatoi — confessò il greco in quei giorni a sport.fr —. Ma sconfitte come queste costruiscono le vittorie future. Con il potenziale che abbiamo, credo che la Roma possa vincere lo scudetto: è l’ossessione di tutti, dalla società ai tifosi, fino a noi giocatori». Domani il giocatore che si troverà accanto è Mapou YangaMbiwa, l’ultimo arrivato nel mercato estivo ma ritrovatosi titolare inamovibile per disgrazie altrui. Da RomaCska, quando è entrato negli ultimi 13’, non ha più saltato una partita: sempre titolare, subentrato solo contro il Cesena.
RADJA E MIRE – C’è chi ha fatto addirittura di più: Radja Nainggolan, che in 11 mesi di Roma ha ricoperto tutti i ruoli del centrocampo e ha fatto pure il terzino, ha giocato sempre dal 1’, fatta eccezione per RomaCesena. Garcia gli ha evitato solo altri sette minuti contro il Verona tanto che, se domani alla fine dovesse giocare Keita, sarebbe proprio il belga a lasciargli il posto. Non Pjanic, anche lui sempre presente, e risparmiato dall’inizio solo contro Cagliari, Sampdoria e Bayern. Dunque RomaTorino, poi le nazionali. Sperando intanto di aver alzato le braccia al cielo. Come Rudi Altig, il ciclista che tanto piaceva a José Garcia a tal punto da chiamarci il figlio.