(A. Catapano) Lo stadio tra pochissimo e Roma-Barcellona al Circo Massimo, possibilmente con la benedizione di Renzi. E chi lo ferma più Pallotta? Difficile non cadere nella tentazione del one man show. Anche se da uno squalo degli hedge funds era lecito attendersi una resistenza più lunga. E sì che lo scatenatissimo Jim si era affacciato alle nostre latitudini con una certa discrezione, mandando avanti lo sconosciuto DiBenedetto e il folcloristico Tacopina (che oggi rinnega, pur riprendendone certe idee), lavorando nell’ombra (con le truppe della Raptor), ed evitando quei riflettori di cui oggi non può più fare a meno.
A tutto campo – Ma gli va riconosciuto di non aver perso senso degli affari né capacità persuasive. Continua a portare acqua al suo mulino, cioè soci, sponsor, amministratori ai suoi progetti. Abbinando pragmatismo americano ad arte italiana del compromesso. Ecco perché il repubblicano Pallotta ha accettato di partecipare alla cena del Pd (al tavolo pagato dal costruttore Luca Parnasi, quello dello stadio), riuscendo nell’equilibrismo di esaltare Renzi («Il suo programma è bellissimo») e bastonare Obama («Deve essere rimesso nel binario giusto»). Ed ecco spiegato il feeling con l’amministrazione Marino, ribadito ieri in Campidoglio. Sullo stadio di Tor di Valle, che martedì otterrà pure l’ok del Consiglio («Speriamo di posare la prima pietra entro giugno 2015», ha annunciato il sindaco), e sulla prossima impresa: un Roma-Barcellona al Circo Massimo, da organizzare il prima possibile. «Quella del Colosseo era una battuta, questa è una cosa seria», ha chiarito Pallotta. Pare che Marino ne sia già entusiasta. Peccato solo che la Roma non giri più. «Ma è soltanto un periodo nero, torneremo a vincere». Se lo dice lui…