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GAZZETTA DELLO SPORT Orgoglio e gol, Keita e Gervinho lontani e contenti

Keita
Keita

(C. Zucchelli) Con l’ufficialità dell’assegnazione alla Guinea della Coppa d’Africa, la Roma sarà costretta a curare il mal d’Africa. Avrebbero fatto volentieri a meno, a Trigoria, di dover liberare Keita e Gervinho a gennaio ma, a meno di eventuali eliminazioni, Garcia sarà costretto a fare a meno di due pedine fondamentali. Guai a dirlo a loro però, giustamente orgogliosi di rappresentare in Europa e nel mondo Mali e Costa d’Avorio: se è vero che Keita e Gervinho sono punti cardine della Roma, lo sono a maggior ragione delle loro nazionali. E pazienza se a volte giocano in condizioni fisiche non ottimali (Keita) o non tirano il fiato neanche nelle amichevoli (Gervinho).

I discorsi di Seydou Keita in Mali è considerato una sorta di autorità, persino i ministri si interessano delle sue condizioni di salute, ogni sua dichiarazione ha un’eco enorme, per non parlare dei gol e dei trofei vinti con il Barcellona. A tavola con i compagni siede a capotavola, i suoi discorsi hanno la stessa importanza di quelli del c.t., la sua esperienza lo costringe a giocare praticamente sempre. Oggi affronta il Malawi in una sfida cruciale per le sorti del Mali e nonostante le raccomandazioni della Roma non si risparmierà, così come non si è risparmiato ieri Gervinho, a segno nel 51 con cui la Costa d’Avorio ha battuto la Sierra Leone. «Sono felice», ha detto l’attaccante, che non segnava dal 21 ottobre, quando è andato in gol contro il Bayern Monaco. Una rete inutile, visto come è finita, mentre quella di ieri è servita alla sua squadra, adesso a un solo punto di distanza dal Camerun, che ha una partita in meno.

Ritrovato Un gol da attaccante vero, quello di Gervinho, un destro secco dopo un inserimento in zona centrale a dimostrare che l’appannamento visto nelle ultime settimane non è poi così preoccupante e che il sogno di vincere il Pallone d’oro africano non è remoto. Tornerà a Trigoria, così come Keita, a sole 48 ore dalla partita contro l’Atalanta e per questo a Bergamo partirà dalla panchina. Garcia lo vuole fresco per essere pronto contro quel Cska Mosca che all’andata ha fatto impazzire: due gol, una rapidità disarmante, tante giocate riuscite che hanno fatto girare la testa ai russi.

La mia Africa Keita, invece, è chiamato a metterlo in cassaforte il pallone, in giallorosso come in nazionale: Garcia, dopo un paio di allenamenti, lo ha inserito nel consiglio dei saggi dello spogliatoio e lo ha fatto diventare il terzo capitano, la Roma vorrebbe tenerlo con sé a lungo tanto che non solo gli ha già proposto il rinnovo annuale del contratto – a gennaio compirà 35 anni – ma vorrebbe che la sua esperienza e il suo carisma restassero in società anche quando deciderà di smettere. In questo senso però Keita non ha ancora dato una risposta. L’unica cosa certa sul suo futuro riguarda l’Africa: non sa se ci tornerà a vivere (vorrebbe che i figli finissero le scuole in Europa), ma sa che continuerà a seguire la sua scuola calcio di Bamako: «Voglio ampliare il progetto. Vorrei che i bambini avessero le stesse opportunità che ho avuto io». Intanto, è un loro idolo. E per il Mali basta e avanza.

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