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GAZZETTA DELLO SPORT. Reja, il tabù derby e il deb Luis Enrique

Luis Enrique

(B.Tucci) Nei luoghi dove si mastica calcio non si parla d’altro. Del derby, naturalmente, malgrado manchi ancora una lunga settimana.
Ma a Roma questa febbre è…da cavallo, tanto per usare un termine di paragone caro agli scommettitori delle corse ippiche. E gli ingredienti per tenere in ansia l’animo dei tifosi ci sono tutti. In primo luogo, la lunga astinenza laziale che da ben cinque partite non riescono a superare i cugini. Una volta Ballardini, quattro Reja ed è proprio il mister di oggi ad essere entrato di prepotenza nell’occhio del ciclone per non aver mai battuto la Roma. Le ragioni? «E’ troppo prudente», sentenziano gli ultras della curva nord. «Non sa dare alla squadra la carica giusta», ripetono. «E’ una partita che non sente», sostengono ancora che è come dire: «non sarai mai il nostro allenatore preferito».
Reja accusa il colpo e sa che non corre buon sangue con i caporioni biancocelesti. Li sopporta, perché sa che il presidente è dalla sua parte. Ed allora, fa spallucce e pazienta. Fino a quando? Il rapporto con la società potrebbe rompersi, al limite, nel caso di una quinta sconfitta. Però, da buon friulano, mantiene il self control ed evita di alimentare le polemiche.

Dall’altra parte, cioè in casa giallorossa, fa capolino la paura. Per quale motivo? Beh, se dovesse finire questa egemonia che dura ormai da anni, i lazzi e i controlazzi sarebbero infiniti. Addirittura perfidi, vista la lunga e quasi insopportabile astinenza. D’altronde, con quei due mostri sacri che Reja può schierare lì davanti intendo dire Klose e Cisse, non c’è da stare tranquilli. Anzi. Tanto più che il pacchetto difensivo romanista non è proprio irresistibile. «Quella sera del derby, Luis Enrique dovrebbe badare più a non prenderle che a darle», affermano in curva sud. «Lo sappiamo che ha la fissa dell’avanti tutta, però in questo modo rischiamo di uscirne con le ossa rotte».
Ecco, dunque, i patemi delle due tifoserie che continuano a discutere e a discettare su una formazione o su un’altra, neanche fossero seduti sulle panchine in campo. Insomma, la verità è che in Italia siamo tutti allenatori. Ed a Roma ancora di più, specialmente quando il derby è alle porte.

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