(F. Bocca) Un derby da tripla (vittoria della Roma, della Lazio e pareggio quasi in egual misura) è praticamente la normalità. Però è anche vero che è raro che si arrivi al derby senza una favorita precisa, che poi magari deve essere smentita e sovvertita. La Roma doveva esserlo nettamente e invece non lo è più.
Secondo la Snai le quote sono queste: 2,10 vittoria della Roma, 3,30 pareggio, 3,50 vittoria della Lazio. Cioè i tecnici per eccellenza, quelli delle scommesse che sui pronostici si giocano tutto, non vedono poi tutte queste differenze: magari Totti può contare e pesare assai più di Candreva, poi però l’estro e il guizzo di Felipe Anderson possono sparigliare tutto, ribaltare completamente il risultato. La Roma gode di un po’ di favore in più anche perché gioca “in casa”, il che vuol dire che il 75% del pubblico è in suo favore. È un vantaggio, ma anche un peso, una responsabilità in più. Il derby è quasi sempre una partita nervosa, piena di falli cattivi, spesso brutta.
La Roma gioca su due fronti: contro la Lazio, in una partita che storicamente conta, e contro la Juventus, l’avversario scudetto cui è arrivata sotto ad appena un punto. La Roma ha storicamente giocatori su cui il derby pesa assai di più: i romani, soprattutto Totti e De Rossi (meno Florenzi, forse) vivono il derby non solo da calciatori ma da tifosi. La Lazio sembra una squadra più fredda, sciolta, un’alleanza italo-sudamericana su cui la partita pesa assai di meno. È un po’ più abituata alla sconfitta, non ne fa un dramma, si gode il momento di protagonismo con un sottile filo di cinismo. Pericolosa proprio per questo.