(A. Pugliese, D. Stoppini) – L’hanno descritto in lacrime. Magari la notizia delle due giornate di squalifica avrà mitigato la disperazione di Gervinho, al termine di una giornata iniziata con le scuse pubbliche per l’espulsione di martedì nel match contro la Guinea e proseguita al telefono con i dirigenti della Roma. «Chiedo scusa alla nazione, ai miei compagni di squadra, ai tifosi e agli organizzatori della Coppa d’Africa — ha scritto su twitter l’attaccante della Costa d’Avorio — per un gesto in cui non mi riconosco e che non ha posto su un campo di calcio». Scuse portano sconto di pena, evidentemente. Perché Gervinho rischiava fino a 4 turni di stop e invece di partite ne salterà «solo» due, in pratica tutto il girone di qualificazione, tra cui la prossima sfida con il Mali dell’altro giallorosso Seydou Keita di sabato. Ma potrà giocare la fase decisiva, dai quarti di finale in poi, ammesso che la Costa d’Avorio riesca a qualificarsi.
PIANGE IL TELEFONO La notizia è stata accolta bene a Trigoria. Perché nessuno oggettivamente osava sperare in un rientro prima del previsto dell’ivoriano. E soprattutto perché lo stesso Gervinho, in mattinata, si era fatto vivo con i dirigenti della Roma e l’impressione che ne era uscita era quella di un calciatore con il morale sotto i tacchi, preso dal terrore di perdere un torneo al quale tiene tantissimo. Della serie: se non può tornare in Italia, che viva la sua Coppa d’Africa in serenità senza abbattersi, questo il pensiero di Garcia e dei dirigenti. Senza crisi isteriche pubbliche e private, come il pianto ininterrotto che Gervinho ha avuto negli spogliatoi, subito dopo il cartellino rosso. Come pure una crisi (di gioco) è quella che sta vivendo ora la Roma senza di lui. Ma questo è tutto un altro discorso.