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GAZZETTA DELLO SPORT Roma, passa lo straniero. E il giallorosso fa più gola

Pallotta e Sabatini
Pallotta e Sabatini

(M.Cecchini) – Cinquanta sfumature di un sogno. Se il calcio è anche erotismo, la nuova Roma statunitense nelle ultime quattro stagioni sta provando tutti i brividi che il kamasutra del mercato riesce a provocare. Pensateci. Dal 2011 il club giallorosso ha acquistato esattamente 50 calciatori. Un numero vistoso, per giunta tenendo fuori quelli scelti solo per la Primavera o per crescere altrove.

ITALIANI ADDIO Sulla falsariga della politica fatta soprattutto da Inter, Napoli e Fiorentina, la Roma a trazione Usa ha deciso di internazionalizzare le scelte di mercato, tant’è che dei 50 prescelti solo 7 sono gli italiani (Borini, Balzaretti, Florenzi, Destro, De Sanctis e Astori, a cui aggiungiamo anche l’italo-argentino Osvaldo), ovvero il 14% di una rosa che ha avuto tra l’altro sempre allenatori stranieri (Luis Enrique, Zeman e Garcia), Se si pensa che nel nostro campionato la percentuale di italiani impiegati veleggia attorno al 53%, di sicuro anche a Trigoria negli ultimi anni i c.t. Prandelli e Conte non hanno avuto poi molto da scegliere. Come dire, in tutto il nostro campionato, per un Daniele Verde che esplode c’è un retroterra che fa fatica ad emergere.

AUTOCRITICA SABATINI Il bacino calcistico a cui si attinge di più è il Sudamerica (19 acquisti, 8 brasiliani). In ogni caso, scorrere i nomi degli arrivi a Trigoria a partire dal 2011, rappresenta una sorta di «madeleine» proustiana su ambizioni consumate e resuscitate a ciclo continuo, in un vortice di entrate e uscite quasi sempre a saldo attivo. Intanto si registra un’autocritica dell’uomo mercato Walter Sabatini che ha parlato a Milano: «Ho sbagliato anche io, soprattutto nella prima stagione. Per fortuna ho fatto meno errori di altri. Il mio è un ruolo parziale, contano anche ambiente e allenatore. Stavo per prendere il baby talento Odegaard prima che andasse al Real Madrid».

BOSTON ACCELERA Ma l’internazionalizzazione del club è una scelta strategica che la presidenza Pallotta ha solo accentuato. Oltre al numero uno, al «global ceo» Zanzi, al responsabile della sicurezza Gombar, l’infornata di nuovi manager Giovino, Foley, Arnold e Rogers – per non parlare degli uomini di fiducia di Pallotta, Pannes (ceo della newco responsabile del nuovo stadio) e Zecca – hanno lasciato agli italiani le competenze di mercato (l’indiscusso Sabatini), della gestione e della politica sportiva, senza contare che alcune parti della comunicazione sono state affidate già all’esterno (FleishmanIllard), così come la ricerca degli sponsor (Legends e Caa Sports), ma voci bostoniane dicono che non sia finita qui. Tutto questo, comunque, sembra portare risultati, tant’è che la Roma – se riuscirà a centrare l’ingresso in Champions sia in questa stagione sia nella prossima – potrebbe finalmente sfondare il tetto dei 200 milioni di fatturato, con i ricavi in crescita soprattutto nel merchandising (dai 25 milioni attuali ai 47 previsti nel 2017) e nel settore diritti media (dai 31 milioni attuali ai 55 del 2017).

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