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LA REPUBBLICA Doumbia, il goleador che in Costa d’Avorio vendeva i fazzoletti

Doumbia
Doumbia

(M. Pinci) Quante volte avete letto del cliché del calciatore scampato alla fame grazie al football? Ecco, se a quel cliché voleste dare un nome e un cognome, una forma e un viso, prendete Seydou Doumbia. Lui la propria storia, l’infanzia difficile, non le sbandiera al mondo, eppure non l’ha mai dimenticate, «perché quegli anni sono con me ogni giorno». A vederlo arrivare a Roma, ieri per la prima volta nella sua vita, con quel sorriso stravolto dalla due giorni di viaggio per coprire l’asse Abidjan-Mosca-Roma, con la t-shirt bianca e la giacca a vento firmata, non immagineresti mai il passato di un ragazzo di 27 anni nato e cresciuto in Costa d’Avorio, con il sogno di fare (davvero) il calciatore. Oggi può festeggiare: «Sono felice di essere a Roma, mi sento super bene». Il suo sogno, però, è nato quasi per caso: perché a 12 anni, mentre tanti suoi coetanei si dividevano tra studio e sport, lui girava le strade di Abidjan vendendo fazzoletti ai semafori per pochi franchi africani: indispensabile il suo contributo per sostenere, dopo la scomparsa del papà, la madre e i tre fratelli più piccoli, anche con l’aiuto dei nonni. Ma ogni Oliver Twist trova un Mr.Brownlow pronto a offrirgli una chance: per Doumbia la speranza ha il nome di Olivier Koutoua, il presidente del Centre Formation d’Inter FC del quartiere di Adjamé, dove lo porta nel ‘99, facendo di quel bambino che in strada amava far gol in un attaccante vero.

Ad allenarlo trova un ex calciatore, Ahmed Ouattara: «Seydou non era il più talentuoso, ma non ha mai smesso di lavorare», racconta. «Ahmed con la sua esperienza mi ha aiutato ad acquisire gli automatismi del centravanti», spiega invece Doumbia. Il ragazzo cresce in fretta, cambia qualche club, dall’Athletic Adjamé al Denguélé, dove a 17 anni si laurea miglior marcatore del campionato ivoriano conquistando la nazionale under 19: da lì, dopo un ritorno all’Athletic, il grande salto. A 19 anni vola in Giappone trascinato da un agente senza scrupoli, prima al Kashiwa Reysol poi al Tokushima Vortis. Nel 2008 la selezione nazionale lo chiama per un torneo amichevole di Kirin Cup, proprio contro il Giappone: è la molla. Per tornare a vestire la maglia degli Elefanti va allo Young Boys, in Svizzera. Dove esplode: 50 gol in due anni, a Berna gli dedicano persino un murales. Da lì il trasferimento in Russia al Cska, al secondo anno è già capocannoniere. In Champions gira al ritmo di 10 gol in 15 apparizioni. In tutto, 141 gol in 209 gare, 0,67 a partita. Il suo valore cresce sempre, 130 mila euro lo paga lo Young Boys, 10 milioni il Cska, 14.5 la Roma. Chissà se a pensarci gli tornano in mente i pochi franchi di quando vendeva fazzoletti.

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