(M. Pinci) – Una crisi d’identità può dipendere anche dall’abito che s’indossa. Quello della Roma, Rudi Garcia, lo ha forse cambiato troppo spesso: 32 formazioni diverse nelle 32 gare giocate in questa stagione, un dato impossibile da ignorare cercando le cause della crisi d’identità romanista. Il sospetto è che sia proprio quella mania di cambiamento di cui sembra rimasto vittima l’allenatore francese a far perdere la bussola alla squadra, che all’Olimpico con vince in campionato da 83 giorni e lunedì 2 marzo, contro la Juve, arriverà a 92. Ogni volta una squadra nuova, ogni volta un interprete diverso (in media, 4,5 cambi a partita rispetto alla gara precedente), ma a forza di mescolare le carte la Roma ha perso le proprie certezze, quelle su cui aveva costruito invece la straordinaria stagione scorsa, quando le scelte erano limitate e le idee di tutti più chiare. Il francese potrebbe andare a lezione dall’ex romanista Luis Enrique, che dopo aver cambiato 28 schieramenti nelle prime 28 gare col Barça, ha infilato una serie di 11 successi affidandosi a uno schieramento tipo.
In attesa di Pallotta, a Roma il prossimo weekend per la gara con la Juve e per incontrare il Papa, ad assumersi le responsabilità è il ds Sabatini: «Devo ammettere che alcune scelte che ho fatto a gennaio, che confermerei da un punto di vista tecnico, sono state sbagliate nei tempi e nei modi». Al contrario Garcia quasi per non pensare alla crisi ha convocato negli spogliatoi di Trigoria un brindisi a champagne con i giocatori per festeggiare il proprio 51esimo compleanno, replicato poi con i dirigenti in ufficio. Un tempismo non proprio fortunato.