(E. Menghi) «Prima si vince, poi si parla di scudetto». Garcia fa il maestro di se stesso e si dà una lezionenella sala stampa in cui lo scorso ottobre aveva fatto proclami contro ogni forma di scaramanzia. Allora era sicuro di potersi mettere alle spalle la Juventus, ora che la capolista è scappata a +10 l’ambizione è precipitata e il bicchiere sempre mezzo pieno stavolta lo è un po’ di meno. I bianconeri saranno i prossimi ospiti dell’Olimpico in cui la Roma non vince da tre mesi, ma per arrivare allo scontro diretto con un briciolo di speranza di rimonta bisognerà fare tre punti in trasferta a Verona. Se sarà il Pirlo della situazione, oppure il gruppo, a garantire il successo, non farà differenza, perché anche le grandi squadre si aggrappano ai singoli in assenza di gioco. Sarebbe meglio ritrovare anche quello, e in fretta, assieme alla sicurezza perduta, ma nel frattempo è meglio «accontentarsi» di fare risultato.
«Solo la vittoria – ha esordito Garcia – può farci uscire da questo momento difficile in cui pareggiamo quasi sempre. Bisogna prendere dei rischi, soprattutto in attacco, dietro dobbiamo avere un blocco più compatto e dobbiamo fare un pressing folle, che è un po’ il nostro marchio di fabbrica. La Juve non l’ho vista, ma so che ha vinto grazie alla giocata di un campione come ne hanno tanti. Anche noi abbiamo giocatori in grado di fare la differenza: ci riescono quando si sentono forti».
Lo specchio della Roma sfiduciata è però proprio il suo allenatore, che abbandona gli imperativi di vittoria e ritratta sul principale obiettivo di stagione: «Nella nostra situazione c’è solo da lavorare per la partita e stare zitti, perché finché non vinciamo più gare di fila non serve a niente parlare del primo posto. La cosa che ha detto Sabatini la pensiamo tutti: dobbiamo fare di tutto per difendere il secondo posto e questo sarà il migliore atteggiamento per attaccare il primo. Ma per il momento, a 10 punti con una partita in meno, non si parla di questo, ma solo di fare di tutto per vincere a Verona». È l’ora dei fatti e del realismo.
Garcia si assume le colpe dopo che il diesse aveva provato a toglierlo dai riflettori: «Siamo tutti sulla stessa barca. Non vedo un cambio d’atteggiamento tra i giocatori e me. La responsabilità di avere una Roma seconda in classifica ed eliminata dalla Champions è di tutti. Sul mercato mi sono già espresso, le scelte sono ottime. Ciò che Walter non può gestire è il timing del mercato». Altri tempi in discussione sono quelli legati al raggiungimento degli obiettivi sportivi: «Noi non lavoriamo solo per quest’anno, lavoriamo per fare una grande Roma in futuro. Questa città con la sua storia ci serve ogni giorno l’esempio della grandezza che possiamo avere: vogliamo lottare ogni anno per lo scudetto, non ogni 30, e forse siamo addirittura in anticipo. Non aspettiamo il nuovo stadio per avere più soldi e potenza, anche se c’è sempre da fare una relazione tra potenza del club e risultati. Ma Pallotta sarà qui tra poco, a fine febbraio, perciò chiedete a lui, che sa meglio degli altri il timing necessario per portare la Roma in alto in Italia e in Europa». Cinque annici hanno messo i Boston Celtics di «Jim», altrettanti ne ha concessi ai giallorossi per il primo scudetto americano. Ma serve vincere per tornare a parlarne.