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LA REPUBBLICA Lo scandalo Fondazione: un bancomat per acquistare il consenso nel calcio

Lotito
Lotito

(M. Mensurati) – La chiamano Fondazione, ma in realtà è un bancomat, il grande bancomat del calcio italiano. Quello attraverso cui i “soliti noti” riescono a comprare il consenso dei presidenti delle squadre più piccole. Serve una manciata di voti in Lega Pro per salvare il presidente sull’orlo del burrone? E che problema c’è?, « famo un’anticipazione di cassa sui progetti della Fondazione » e il gioco è fatto, come ama dire Claudio Lotito (vedi telefonata con Pino Iodice). È l’ultimo scandalo del calcio italiano. O, meglio, è l’ingranaggio nascosto che completa il meccanismo di quell’unico sistema di potere, riassunto nella persona del presidente di Infront, Marco Bogarelli, che dal 2008 a oggi ha divorato il mondo del pallone, controllandone l’intera filiera.

IL BANCOMAT – Il funzionamento di questo ingranaggio è molto più semplice di quanto il nome ministeriale e la regolamentazione burocratica lascino pensare. La Legge Melandri del 2008 stabilisce che la Lega di Serie A devolva «una quota delle risorse economiche e finanziarie derivanti dalla commercializzazione dei diritti tv allo sviluppo dei settori giovanili delle società professionistiche, al sostegno degli investimenti per la sicurezza, anche infrastrutturale, degli impianti sportivi, e al finanziamento di almeno due progetti per anno finalizzati a sostenere discipline sportive diverse da quelle calcistiche ». Questi soldi, parecchie decine di milioni di euro l’anno, finiscono nella “Fondazione per la mutualità generale negli sport professionistici a squadre”, e da questa vengono gestiti, in totale assenza di controllo. In teoria la Fondazione dovrebbe ricevere attraverso un “ente veicolo” (Lega B, Lega Pro, Lega Dilettanti, Federazione basket e Coni) i progetti delle singole società, valutarli, scegliere i più utili o i più importanti e poi finanziarli. In pratica, invece dei progetti, vengono valutati, ovviamente su base esclusivamente politica, i “veicoli” e cioè i presidenti delle leghe a cui fare un favore. Questi poi li spartiscono tra i club a seconda delle convenienze. Il tutto indipendentemente dai progetti (che non vengono mai controllati). Tutto ciò succede nel migliore dei casi. Perché capita frequentemente che il consiglio, saldamente nelle mani di Lotito e di quella che l’opposizione in Lega chiama la gang di Infront, faccia anticipi di cassa o “premi” progetti degli anni precedenti. Un elemento chiave della questione è infatti la composizione del consiglio, quello che poi decide tutto. Su 12 membri, 5, tra cui il presidente, li nomina la serie A, uno la serie B, 3 la Figc, uno la Fip, uno la Lega Basket, uno il Coni.

IL BALLO DEI PROGETTI – Partita a singhiozzo (creata nel 2011 e insediatasi nel 2013) la macchina dei soldi funziona a pieno regime da due stagioni visto che i primi anni di gestione sono stati affidati ad accordi più o meno confessabili. La prima erogazione ufficiale è datata giugno 2013. Le società e le leghe (con la mirabile eccezione della Serie B) non erano ancora pronte e non presentarono alcun progetto. I soldi però arrivarono ugualmente. Il secondo anno, nel 2014, le Leghe attrezzarono una specie di “modulo di progetto”, un documento Word da copiare e incollare. Anche in quel caso i soldi (73 milioni) vennero distribuiti senza colpo ferire. Molti di quei progetti non sono mai nemmeno partiti. Ma siccome erano solo una scusa per prendere i soldi, sono stati ripresentati identici, quest’anno. Spesso senza nemmeno premurarsi di salvare le apparenze.

I PALLONI DI TAVECCHIO – Del resto delle apparenze importa ben poco. Quello che conta è la cassa. E così succede che a volte si sfondi il muro del ridicolo. La Lega Pro di Mario Macalli ad esempio ha presentato sessanta progetti, uno per ogni società rappresentata. Sessanta progetti diversi che però in comune hanno, curiosamente solo il preventivo. Che, incredibilmente, è sempre identico, 633.333,3 euro. Ora, al di là dell’imbarazzo di chi dovrà compilare il bonifico con l’insidioso decimale periodico, risulta abbastanza evidente che quel numero non sia stato indicato in ragione del costo dei lavori previsti ma di una semplice, banale, spartizione.

Che ha un suo indotto. Spulciando l’elenco dei progetti saltano fuori un po’ di nomi e di numeri problematici. Come il caso di un centro federale da 539mila euro il cui preventivo è stato firmato dalla solita Limonta (la ditta famosa per la vicenda dei campi in erba sintetica) o come il caso dei 140mila palloni che la Lega Dilettanti vuole acquistare al costo di 2,2 milioni di euro dalla Molten, ditta che i più maliziosi tra gli osservatori indicano come molto vicina a Tavecchio. Vicinanza stabilita forse a causa di una polemica nata qualche anno fa quando la Lega Dilettanti di Tavecchio comunicò alle varie società la chiusura di un contratto di sponsorizzazione con la Molten che “al costo di 40 euro” (sic!) avrebbe fornito ben due palloni.

IL SISTEMA – Al di là dell’indotto, il vero punto è la logica che tiene insieme il tutto. La Fondazione è infatti la seconda gamba del sistema che in questo momento controlla il calcio italiano. La prima è Infront, la società vicinissima a Galliani e Lotito capace negli ultimi cinque anni di impadronirsi di tutte le leve del potere. Oggi è: 1) advisor della Lega di A per la vendita dei diritti tv, 2) advisor commerciale della Figc per la Nazionale di calcio, 3) titolare dei diritti di archivio del campionato italiano, 4) fornitrice di mezza serie A per conto della quale gestisce (in perdita) la pubblicità negli stadi e i rapporti commerciali. 5) producer televisivo delle partite. Da pochi giorni è anche ufficialmente partner della Gazzetta dello sport (Rcs era un competitor nella gara per i diritti della nazionale) nell’avventura di Gazzetta tv. Un potere enorme, come si vede, che però va saputo mantenere. Con la politica e cioè con il consenso degli elettori, che nel nostro sport sono i presidenti dei club. Per i big ci sono i contratti commerciali. Per tutto il resto, la Fondazione.

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