(T. Carmellini) – Eclissi totale. Non quella che stamattina terrà i romani col naso all’insù in attesa di un evento «solare» che si ripeterà solo nel 2026, ma quella della Roma vista ieri sera all’Olimpico. In trentamila hanno pagato il biglietto per avere il privilegio (ammesso si possa definire tale) di assistere all’eclissi totale della Roma: in anteprima s’intende, ma anche questa ampiamente annunciata da un avvio di 2015 da dimenticare.
È la cronaca di un disastro annunciato che chiude forse definitivamente l’era Garcia: almeno per come la si era concepita dopo un primo anno stellare. La Roma perde malamente contro la Fiorentina di Montella e si ritrova fuori da tutto, eliminata anche dall’Europa League proprio dalla viola che già l’aveva cacciata dalla Coppa Italia. La squadra di Garcia, o ciò che ne resta, si suicida pubblicamente in quella che doveva essere la partita della vita. Ma chi ci aveva creduto?
Impossibile pensare infatti che un’accozzaglia di giocatori, per altro allo sbaraglio in campionato, potesse diventare una squadra in una notte. La conferma è arrivata dopo soli ventidue minuti di gioco, col risultato fissato incredibilmente sul 3-0 per gli ospiti: rigore assurdo (giustissimo) per il vantaggio viola, poi l’addio al calcio di Skorupski. Sembra una puntata di «Scherzi a parte», ma non lo è: tutto vero compreso il dramma dei tifosi romanisti che lasciano lo stadio dopo appena mezz’ora. Cosa mai vista prima.
Perché si può perdere una partita, si può buttare una qualificazione alla Champions che sembrava scontata (la Lazio potrebbe già essere 2 punti sopra la Roma se il Parma, fallito ieri, non dovesse più giocare), si può anche uscire da una competizione importante come l’Europa League, ma a tutto c’è un limite e la forma in questi casi conta eccome: soprattutto quando una partita di questo tipo arriva dopo un ciclo devastante nel quale hai fatto sei punti in sette partite di campionato. Era tutto scritto, il calcio in questo senso è una scienza esatta e può solo andare peggio: difficile pensare contro chi e come questa Roma possa fare punti da qui in avanti.
La cronaca della partita che non c’è è presto fatta. Fallo inutile in area di Holebas dopo sette minuti: rigore e 1-0. Undici minuti dopo Skorupski decide di smettere con il calcio (almeno nella Capitale). Follia pura, nel tentativo di salvare un innocuo corner mette la palla sui piedi di Alonso che chiude i giochi: 2-0. Goicoechea in confronto è un pivello e quel drammatico Roma-Cagliari, che costò la panchina a Zeman, torna rapido alla mente: questo sport a volte è pazzesco. Il sigillo lo mette poi Mati Fernandez al 22′: stacca da solo in area, 3-0 e fine dei giochi. Anzi, nella ripresa poteva anche andar peggio: un palo e una traversa di Salah e un regalo di Babacar che grazia una Roma ormai in bambola. Serve altro?
Sì, forse una Roma tutta nuova… questa, quella meravigliosa di Garcia che aveva impressionato il mondo, non c’è più. Ora bisogna cambiare per salvare il salvabile, ma è difficile capire cosa. Garcia sembra intoccabile, almeno a sentire il popolo romanista che lo assolve con formula piena.
Già, perché la cosa che forse racconta meglio la serata di follia collettiva all’Olimpico è proprio l’umore della Sud: da sempre termometro giallorosso. Lo striscione prima dell’inizio era chiarissimo e teso a dar fiducia a un gruppo e un tecnico chiaramente in stato di choc. «Garcia non si tocca, a chi non sta bene calci in bocca»: più chiaro di così. Poi dopo l’harakiri imbarazzante il clima è cambiato: drasticamente. I cori «avete rotto il c…» e «andate a lavorare» hanno preso il sopravvento prima dello striscione che annuncia la battaglia. «Roma s’è rotta il c… a presto», come dire vi aspettiamo fuori. E così è stato con la Sud che lascia gli spalti e si schiera fuori, sotto la curva aspettando di poter entrare in «contatto» con la squadra.
Un contatto che arriva inevitabile (forse anche per evitare il peggio più tardi fuori dallo stadio) a fine gara quando alcuni rappresentati della squadra sono chiamati dagli ultrà sotto la Sud: Totti e De Rossi in testa chiaramente. Dieci minuti di sputi, insulti e un faccia a faccia che è difficile capire a cosa può servire a questo gruppo. Ma la cosa più incredibile è il coro dei romanisti che chiedono «undici Garcia» assolvendo di fatto l’allenatore e scaricando tutto sui giocatori. Un’altra cosa mai vista prima, ennesima anomalia di una stagione maledetta e che è tutt’altro che finita.