Franco Zavaglia, uno dei procuratori italiani più esperti e noti del calcio nostrano, ha parlato del suo rapporto con Francesco Totti. Fu proprio lui infatti a scoprirlo quando giocava ancora tra i giovanissimi provinciali ad inizio anni ’90. Da lì nacque la storia del futuro capitano della Roma:
“Era una domenica mattina, le 10:30 circa. Ai tempi ero allenatore al Tor Sapienza, in Promozione. Prima di un incontro vidi un biondino piuttosto secco, magrolino”.
Si può parlare di colpo di fulmine?
“Aveva dei colpi straordinari, e allora come oggi poteva risolvere le partite da solo, fa e faceva la differenza in tutto. Chiesi al presidente come si chiamava, lui mi rispose: ‘Francesco Totti’. Grazie al suo aiuto e ad alcune conoscenze mi misi in contatto con la famiglia e da li nacque il tutto, il nostro rapporto professionale”.
Ci racconta il suo rapporto col giocatore?
“Una delle mie priorità, da sempre, è quella che il giocatore faccia il giocatore, chi cura gli interessi penserà a tutto il resto. Anche oggi lavoriamo a 360°, dobbiamo raccogliere tutte le esigenze, dalle assicurazioni ai trasporti, dai traslochi alle questioni fiscali”.
Ad un certo punto, però, le vostre strade si sono separate…
“Si sono messe di mezzo persone esterne. Totti aveva rinnovato da poco il contratto, era il primo di un certo spessore, avrebbe guadagnato 500 milioni di lire al mese. Lo facemmo con Lucchesi, dg della Roma all’epoca. Erano i tempi della Gea, ed io lavoravo con Alessandro Moggi. Il nome del padre del mio partner purtroppo non era ben visto a Roma, così la famiglia di Totti decise di interrompere il nostro rapporto. Qualcuno forse li aveva convinti a rinunciare al nostro lavoro, il tutto perché il mio nome, a quel punto, poteva diventare scomodo”.
E oggi, com’è il rapporto fra di voi?
“Vi cito un esempio: ero a Trigoria per Aquilani, il padre di Totti mi avvicinò e mi confidò che ero stato l’unico che avesse realmente fatto gli interessi di Francesco. Questo per dire che ho un rapporto di stima sia con lui che con la famiglia”.
Ci racconta qualche retroscena riguardante la bandiera della Roma?
“Inizio col dire che credo abbia guadagnato meno di quanto meritasse. Ad inizio carriera sulla panchina della Roma c’era Bianchi, che proprio non lo vedeva. Pensate che mi fermò a Trigoria per dirmi che secondo lui il ragazzo era gestito male e che in Argentina ne avrebbe trovati a centinaia, di Totti. Gli risposi che allora l’Argentina avrebbe vinto tutto a livello Mondiale per i successivi 20 anni. Così decidemmo di andare alla Sampdoria di Eriksson e Spinosi”.
Cosa bloccò lo sbarco a Genova?
“Sensi era incuriosito dalla mia testardaggine nei confronti del ragazzo. I primi di gennaio il presidente organizzò una partita contro l’Ajax di Litmanen, il grande sogno di Bianchi. Sensi pretese che Totti partisse titolare, e alla fine del match oscurò letteralmente Litmanen. Da quel momento Totti divenne Totti ed iniziarono i problemi fra tecnico e società”.
Dica la verità, solo la Samp lo ha cercato negli anni?
“Macché… Milan, Juventus e Real Madrid su tutte. Ma Francesco ha sempre avuto l’ostinazione di rimanere a Roma e nella Roma, lui era un tifoso e mi sembra che negli anni l’abbia abbondantemente dimostrato”.
Fonte: Tuttomercatoweb.com