(A. Austini) – Prima lo sdegno nazional popolare. Poi il solito fiume di parole. E oggi la sentenza, che come spesso avviene sarà molto «politica». La Curva Sud rischia di restare chiusa per un turno dopo gli striscioni esposti sabato durante Roma-Napoli contro la mamma di Ciro Esposito, accusata di «lucrare» sulla perdita del figlio ucciso e invitata a «tacere».
Mentre la Questura di Roma si è attivata per individuare i responsabili, oggi tocca al Giudice Sportivo esprimersi per primo sulla base della relazione inviata dagli ispettori della Procura federale presenti all’Olimpico, in cui è stato annotato il contenuto di tutti gli striscioni, oltre a segnalare i «soliti» cori anti-napoletani incitanti al Vesuvio. Stando ai regolamenti e ai precedenti, Tosel non potrebbe andare oltre una multa salata da comminare al club giallorosso per responsabilità oggettiva in aggiunta alle sanzioni per i cori di discriminazione territoriale e ai petardi esplosi dentro lo stadio. Ma, a quanto trapela, è probabile che il Giudice decida di chiudere il settore per una giornata anche se non è del tutto escluso che estenda il provvedimento a due turni. Non aveva fatto lo stesso a marzo del 2014 quando la Juventus se la cavò con 25mila euro di multa per gli striscioni che ironizzavano sulla tragedia di Superga durante un derby col Torino. Stavolta, il clamore suscitato dalla vicenda sembra aver convinto (o costretto) Tosel a una stangata possibile oggetto di ricorso da parte del club.
Dal punto di vista penale, invece, le scritte dei romanisti non costituiscono un reato bensì una violazione del regolamento in vigore sull’uso degli impianti sportivi che alla lettera «p» specifica il divieto di «introdurre ed esporre striscioni, cartelli, stendardi» etc. «diversi da quelli esplicitamente autorizzati dal Gruppo Operativo per la Sicurezza (GOS) su richiesta della Società Sportiva». Attraverso i filmati e le foto si stanno individuando i responsabili che rischiano la sanzione amministrativa o un Daspo qualora fossero recidivi.
La Roma si è dissociata dagli striscioni il giorno dopo, a Pasqua, attraverso le parole di Pallotta. Il presidente ritiene che «ogni episodio – si legge nel comunicato – che porti alla perdita di una vita in concomitanza di una partita di calcio, come accaduto ad esempio a Ciro Esposito, ad Antonio De Falchi, a Gabriele Sandri, a Vincenzo Spagnolo, a Filippo Raciti, Vincenzo Paparelli o ad altri, rappresenti una sconfitta dell’intera società civile». E invita a non rinnovare il dolore che ne consegue «neanche in forma verbale sugli spalti di uno stadio».
Al Viminale, dove definiscono gli autori delle scritte contro la mamma di Ciro «quanto di più becero e negativo del tifo da curva», hanno apprezzato l’intervento di Pallotta e riscontrato che sabato i controlli fuori dall’Olimpico sono stati più accurati del solito. E allora come è stato possibile far entrare quegli striscioni? «Sono spesso di carta molto sottile – spiegano dal Ministero – vengono tagliati e piegati, a due lettere per volta, e dopo averli introdotti nello stadio, incollati con il nastro adesivo. Difficilissimo scoprirli. Ma serve impegno reale per la segmentazione della curva prevista un anno fa dalla task force di Alfano». Ecco la soluzione per il futuro: alla Roma e gli altri club si chiederà di dividere le curve in piccoli settori per rendere più semplice l’individuazione di responsabili di reati e applicare, nei casi previsti, il Daspo di gruppo.
Tutto questo non basta alla famiglia Esposito, che ha chiesto la chiusura della Curva Sud e le dimissioni del Gup responsabile al controllo sugli striscioni. «Sono sempre più convinta ad andare avanti nei miei intendimenti» dice la signora Leardi. Va oltre il legale Angelo Pisani: «Chiediamo di applicare, secondo le regole europee, 5 punti di penalizzazione per la Roma e squalifica dello Stadio Olimpico». Benzina su un incendio già scoppiato.