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IL MESSAGGERO Bovo: “Roma sarai seconda”

Cesare Bovo
Cesare Bovo

Romano e romanista. Per Cesare Bovo quella di domenica non sarà una partita come le altre. «Roma è una seconda casa, dai 9 ai 20 anni vivevo a Trigoria. In famiglia sono tutti giallorossi sfegatati, poi facendo questo mestiere, diventi tifoso della squadra per cui giochi».

Lei ha fatto tutta la trafila delle giovanili, con chi si sente?

«Con De Rossi, siamo cresciuti insieme anche fuori dal campo. Lui è di Ostia, io di Fiumicino. Siamo sempre in contatto».

Parlate di calcio?

«Mai, l’ultima volta ci siamo scambiati le foto delle nostre bambine».

Chi è stato il suo guru?

«Mauro Bencivenga. Il mio secondo padre e tecnico nelle giovanili della Roma. Mi ha cambiato ruolo, ero centrocampista, poi mi ha reso difensore».

Il suo rapporto con la Roma?

«Ero l’unico giovane aggregato alla squadra di Capello, è stata un’esperienza fantastica. Poi ho vissuto il primo Spalletti, ho fatto spesso il terzino».

A Roma c’è la sensazione che l’ultimo miglio, quello che porta al successo, sia quasi impossibile da percorrere. Colpa di chi?

«(risata, ndr). Non lo dirò neanche sotto tortura. Mi vuole male?»
Un commento sull’ultimo striscione in curva Sud contro la mamma di Ciro

«Vogliamo parlare dei cori al Franchi sull’Heysel, Pessotto e Scirea o nel derby quando hanno insultato la memoria di Superga? Certa gente non dovrebbe entrare negli stadi».

Questo Totti è un valore aggiunto o un peso per la Roma?

«Non scherziamo, un valore aggiunto. Come persona e come giocatore è da 10. E’ tutto il contrario di come lo dipingono. Francesco è educato, semplice. Gli anni per lui non passano mai».

Le chiedo un pronostico sulla finale di Coppa Italia Juve-Lazio.

«Chiunque vinca, non mi interessa».

Chi arriva secondo?

«La Roma».

E il Toro?

«Era impensabile aspettarci un campionato così, con il doppio impegno si poteva rischiare la retrocessione, ci stiamo mantenendo sui livelli dell’anno scorso, non abbiamo nulla da perdere, giocheremo per vincere come sempre».

Il segreto?

«Il gruppo. Ci vogliamo bene. L’impronta dell’allenatore si vede. Noi lo seguiamo».

Un aggettivo per Ventura?

«E’ il miglior insegnante di calcio che ho avuto in tutta la carriera, in campo è fantastico».

Obiettivi personali?

«Sto bene a Torino, il contratto scade nel 2016, spero di rimanere e sistemarmi qui. Mi piacerebbe giocare un po’ di più, non lo dico per fare polemica, è solo un’aspirazione».

Un rammarico?

«Non essere stato più chiamato in nazionale e non aver sfruttato al massimo l’occasione di giocare in una grandissima squadra. Ero al top, l’ultimo anno al Palermo nel 2011, c’era stato qualcosa con la Juve, ma a Del Neri non piacevo e hanno preso Barzagli, il miglior difensore italiano. C’era stata la possibilità di tornare a Roma o alla Fiorentina, non se ne fece nulla. Non mi posso lamentare».

L’attaccante più forte che ha marcato?

«Tanti, purtroppo nel 2007 quando ero al Genoa per colpa di squalifica ed infortunio non ho giocato contro Ronaldo, quello vero, il più grande di tutti, secondo solo a Maradona».

Da grande cosa farà?

«Spero l’allenatore, ho preso il patentino Uefa B».

Qual è il consiglio ad un ragazzino che vuole fare il calciatore

«Di pensare a giocare, a divertirsi e non ai soldi o alla fama. A me non piace il contorno, il casino, le polemiche, le cavolate che fanno quelli che hanno cambiato 10 squadre e baciano 10 maglie. A me interessa l’allenamento, la preparazione e la partita».

 

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