(G. Piacentini) – Tra le convinzioni dei tifosi giallorossi a proposito di derby e di rivalità con la Lazio, ce n’è una che è più radicata di altre e riguarda Francesco Totti. La teoria romanista è che i biancocelesti, più della sconfitta, nelle sfide stracittdine temono il capitano giallorosso per tutto quello che rappresenta: la sua storia, il suo essere bandiera e «monumento», oltre che ambasciatore nel mondo del calcio della romanità. Tutti elementi che identificano fortemente Francesco Totti con Roma, squadra e città. Spiegano così i tifosi romanisti, l’astio che dall’altra parte del Tevere si respira nei suoi confronti: una sindrome da «volpe e l’uva», accentuata dal fatto che il capitano non ha mai fatto niente per nascondere il suo essere anti laziale.
Di battute nei confronti dei cugini, nei suoi ventuno anni di sfide alla Lazio, sono piene le cronache. Così come di esultanze storiche: dalla maglia «Vi ho purgato ancora», alla fine degli anni ‘90, a quella, più romantica perché dedicata alla (futura) moglie Ilary, con su scritto «6 unica», fino ad arrivare al selfie scattato dopo la doppietta nella gara di andata, che lo ha consegnato ancora di più alla storia dei derby.
Con quei due gol (con cui la Roma rimontò da 0-2- a 2-2) Totti è diventato il giocatore ad aver segnato di più, in campionato, nelle stracittadine, raggiungendo quota 11 e staccando così Delvecchio e Da Costa. Tutti gol importantissimi – comprese due doppiette – perché quando Francesco è andato a segno la Roma il derby non lo ha mai perso: lo ha vinto 4 volte e pareggiato 5. Forse è per questo che i tifosi laziali si inquietano quando Totti fa centro, sicuramente è (anche) per questo che Rudi Garcia si affiderà ancora a lui per cercare di portare a casa la vittoria che significherebbe la certezza del secondo posto, e che regalerebbe alla società un bel po’ di milioni per fare una Roma più forte il prossimo anno.
Una squadra in cui Totti, che a settembre compirà 39 anni, non debba essere più la torta ma possa concedersi il lusso, dopo tante stagioni, di essere la ciliegina. Nelle ultime settimane il tecnico francese è stato costretto a gestirlo, e lo ha mandato in panchina per tre gare consecutive. Perché anche quest’anno è toccato a lui sobbarcarsi il peso di spingere la squadra, anche oltre le possibilità del suo fisico: troppe volte (come a Cagliari) è sceso in campo nonostante le sue condizioni non fossero ottimali. Eppure il capitanonon si è mai tirato indietro, ricevendo anche le critiche di chi era pronto a celebrare l’ennesimo «funerale» sportivo. Per quello, però, c’è ancora tempo. Lo sanno bene anche i tifosi laziali.