(M.Cecchini) – In fondo Charles Darwin aveva ragione. Le specie sopravvivono anche in base alla loro capacità di adattamento al mondo esterno. Per questo – visto che il calcio sa essere una giungla – non ci si deve meravigliare poi troppo per il fatto che Rudi Garcia, a livello di comunicazione, abbia compiuto un mutamento di linguaggio quasi copernicano. Da straniero educato al fair play in tutte le situazioni, è diventato a volte istrione pronto alla «provocazione» in stile Mourinho, poi addirittura rivendicata come strategia. Alla vigilia del derby ne ha fatto le spese la Lazio, tant’è che il giorno successivo Pioli, oltre alle scintille private, ha replicato duro: «Se vogliamo cambiare mentalità è bene parlare della propria squadra e non di situazioni che non si conoscono per fare il capotifoso. Ho sempre apprezzato gli stranieri, ma quando vengono qua diventano peggio di noi».
RASOIO DE ROSSI D’altronde Roma è una città particolare e, citando proprio il francese, «forse la piazza più difficile del mondo». A poco meno di due anni dal suo insediamento – e forte di una vittoria nel derby che vale sia la supremazia cittadina che (soprattutto) l’accesso diretto in Champions – c’è da sottolineare un curioso bilancio: nel periodo trascorso Garcia ha conquistato i tifosi, ma per certi aspetti ha perso un po’ di feeling calcistico con la squadra. Pensateci. Nell’estate 2013, con la squadra in piena bufera per la sconfitta nella finale di Coppa Italia, l’allenatore arrivò, pur rischiando l’impopolarità difese i suoi ragazzi («chi contesta è un laziale») e ricostruì psicologicamente lo spogliatoio, cosa che valse il ripristino della chiesa al centro del villaggio. Ora la situazione è diversa. Il 2° posto è un ottimo risultato («sono fiero di voi», ha detto al gruppo), ma le aspettative erano diverse. Non è un caso che la flessione di risultati e gioco, per cui sembravano non esserci contromisure, ha reso perplessi giocatori e dirigenza. E allora, mentre gli ultrà cantano: «Vogliano 11 Garcia», De Rossi nel post derby dice: «Al di là della volontà, non abbiamo visto moltissimo. Occorre rendersi conto che a volte facciamo un po’ cagare. Sarà meglio ripartire con le idee ben chiare, se no sarà dura l’anno prossimo». Frasi dure, che Garcia ha commentato così: «Non capisco e non voglio capire»
IL NUOVO CONSIGLIERE Il francese però le idee chiare le ha, tant’è che la prossima settimana, nel vertice di fine stagione, avanzerà nuove richieste, alla luce di un messaggio limpido lanciato lunedì alla piazza: «La Juve per ora non è raggiungibile». Ormai gli slogan di Garcia sono taglienti e a Trigoria non sempre graditissimi. D’altronde già a gennaio l’allenatore aveva detto: «A volte dobbiamo essere un po’ attori». E lui si è tuffato nella professione collaterale, tanto da appoggiarsi a un consulente professionista per la comunicazione, Andrea Calbucci. In realtà il club lo ha ingaggiato a inizio stagione per aiutare i calciatori nell’utilizzo dei social e della tv, ma non molti hanno seguito le sue lezioni (Astori, Borriello e pochi altri). Il feeling però sembra essere scattato con Garcia. Sarà dovuto anche al consulente la nuova comunicazione più muscolare? A Trigoria non ci giurano, ma di una cosa sono sicuri: la squadra, oltre che di slogan, dall’estate avrà bisogno anche di novità tattiche.