(G. Giubilo) – Nella scala internazionale delle durezze, il diamante diventa una tenera caramella mou, a confronto con la faccia di Joseph Blatter. Non conosce la vergogna, il colonnello svizzero, che oggi si proporrà per la quinta carica presidenziale. Essendo arrivato alla votazione, è utile ricordarlo, attraverso qualche trucchetto poco limpido, aggirando le regole e anzi creandone una su misura. Non ha raccolto l’implicito messaggio lanciato dal procuratore generale americano, che si chiama Loretta Lynch. Proprio lo stesso nome che era stato affibbiato alla legge non scritta che autorizzava, negli Usa dell’Ottocento, le esecuzioni sommarie. Legge di Lynch, appunto, da cui linciaggio.
Come quello mediatico dell’elegante signora di Washington, che ha lasciato condurre le indagini a corazzate che si chiamano Fbi e Cia, mica roba da ridere. Ancora più pesante c’è andato Michel Platini, che senza mezzi termini ha espresso profondo disgusto nei confronti di quel presidente al quale avrebbe dovuto contendere la poltrona, se non si fosse ritirato lasciando la candidatura al Principe Al Hussein. Ha parlato in francese, ma lo hanno capito tutti senza bisogno di traduzione simultanea. Ha destato, maliziosamente, molti sorrisi quando ha raccontato l’incontro con Blatter, al quale ha consigliato le dimissioni, da «vecchio amico», parole pronunciate tenendo la mano ben stretta sulla tasca nella quale custodiva il portafogli.
Ci voleva il calcio per far tornare di moda la guerra fredda tra Russia e Stati Uniti, l’indagine americana vista come attacco frontale a Mosca, che avendo ottenuto il Mondiale 2018, con una serie di favori non proprio limpidi, non può rinnegare Blatter, artefice dell’operazione. E dunque non si allineerà alle potenze del calcio europeo, che Platini ha chiamato a raccolta nella speranza di mettere in minoranza il despota. Si è prontamente adeguata la Federcalcio, che non sfugge mai all’aurea mediocrità, anche se stavolta la posizione è legittima.
Da tutta la vicenda, comunque, il calcio nazionale esce con l’imbarazzo cerato dal paragone tra la valanga mondiale prodotta dall’inchiesta statunitense e il nostro calcioscommesse. Per bravi che siano i magistrati di Cremona e Catanzaro, qui i conti si devono fare con le mazzette da cinquemila euro per vendere partite di dilettanti, da opporre alla pioggia di milioni di dollari della corruzione svelata nella Fifa, che ha portato in galera perfino due vicepresidenti. Da noi, i soliti pezzenti.