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IL ROMANISTA. “Vincere per crescere. Siamo solo all’inizio. Noi in Champions sarebbe un successo”

Claudio Fenucci

(Il Romanista) Un’ora, trentasei minuti e 20 secondi di forum per raccontare e raccontarsi. Un’ora e trentasei minuti in cui Claudio Fenucci,amministratore delegato della Roma, è stato ospite nella redazione del Romanista per rispondere, a 360 gradi, su tutto quello che ruota intorno all’universo giallorosso. (…) Tanti i temi toccati da Fenucci con un obiettivo per questo 2012 appena iniziato: «Migliorare e migliorarsi con una certezza: la Roma è sulla strada giusta».

Che cosa ci può dire del ridimensionamento di DiBenedetto? 

DiBenedetto resta presidente e resta una figura di riferimento importante, tanto che è membro del comitato esecutivo insieme a Pallotta e Fiorentino. Il comitato nell’ambito del Cda è delegato per le decisioni più rilevanti in ambito economico.

L’avvocato Cappelli in un’intervista al Romanista sottolineava l’importanza di aprire verso nuovi mercati, in particolare quelli asiatici. A che punto è la ricerca di nuovi soci o nuovi mercati e questo cosa può portare alla Roma nel breve o medio termine? 

La ricerca di nuovi partner riguarda in particolare gli azionisti. Per un club come il nostro che ambisce, seppur con molto lavoro da fare, a diventare un club di dimensioni globali, guardare a un mercato importante come quello asiatico è doveroso. Pensiamo al predominio della Premier League nel mercato asiatico. È una scelta che spetta agli azionisti, da non collegare in alcun modo all’aumento di capitale che è in previsione per gennaio.

Si è detto che gli americani non avrebbero le risorse per attuare questa ricapitalizzazione. E questa cosa non è stata smentita. 

Non riteniamo opportuno smentire ogni volta tutte queste notizie, anche perché gli americani si sono già espressi e hanno le risorse per fronteggiare questo aumento di capitale. Gennaio è arrivato e i fatti dimostreranno l’assoluta serietà di questa proprietà.

Parliamo di una cosa che ci sta molto a cuore:De Rossi. 

La trattativa ha avuto un grande risalto mediatico, vista l’importanza del giocatore. Ma è difficile trattare sui giornali. Vorremmo che rimanesse il più riservata possibile. Capendo anche le difficoltà che c’erano in passato, lui non sarebbe dovuto arrivare a scadenza e questo lo pensa anche lo stesso giocatore. L’operazione è complessa, lui al momento non credo abbia valutato altre proposte e sta pensando a rinnovare il contratto con la Roma a condizioni da giocatore di primissima fascia. Avevamo messo in budget le risorse per rinnovare il contratto, dovevamo fare un passo avanti per venire incontro alle richieste del giocatore e l’abbiamo fatto. Il giocatore sta valutando la nostra proposta. È difficile solo quantificare i tempi. La mia percezione è che il contratto lo faremo.

Dead line? 

Proprio per l’affetto che De Rossi nutre per la Roma, sono sicuro che non firmerà con nessuno prima di aver esplorato tutte le possibilità per rinnovare il contratto. La trattativa è in corso, stiamo parlando con l’agente. Ci rivedremo, perché le cose più importanti si fanno di persona, non al telefono, piano piano stiamo cercando di smussare tutti gli angoli che ci separano dalla conclusione della trattativa. Non c’è un prendere o lasciare. Ci si sta avvicinando a una soluzione. Stiamo facendo il massimo sforzo possibile, considerate le risorse a disposizione. Potremmo diventare meno ottimisti il giorno in cui, facendo il massimo sforzo, Daniele ci facesse sapere tramite il suo agente che non accetta la nostra offerta.

E lei si stupirebbe di questo? 

Sarà necessario vedersi ancora, ma crediamo che la distanza che ci separa possa essere colmata. Ma più teniamo la trattativa riservata e più facile diventa un eventuale esito positivo.

Problema di prospettive? 

No, credo che Daniele abbia già verificato quelle che sono le intenzioni della proprietà. È ovvio che lui ha le giuste aspettative di rimanere nel club dove è cresciuto. Un club che però sia anche vincente. Sta toccando con mano il fatto che il progetto, parola che però vorrei ripetere il meno possibile, sta prendendo corpo e che stiamo andando nella giusta direzione. La sua aspettativa di essere presente in futuro in un club vincente, potrà essere soddisfatta.

Per quello che è il piano futuro,la Roma potrà fare offerte ad altri calciatori che siano simili a quella fatta per De Rossi o già adesso si può dire che è un’eccezione?

Uno degli elementi su cui si fonda l’allestimento di una squadra competitiva è la crescita dei ricavi. La Roma oggi ha un gap di ricavi con i “competitor”, italiani e non, molto ampio. Siamo a meno della metà dei club che partecipano alla Champions. Attraverso il marketing e lo stadio, in futuro vogliamo accrescere i ricavi che poi ci consentiranno di stabilizzarci al livello dei top club. Fino a quel momento dovranno intervenire gli azionisti, che potrebbero colmare temporaneamente questa differenza per consentire alla società di crescere sportivamente. Anche perché i ricavi che devono crescere sono ovviamente legati ai successi sportivi: se analizziamo, in Italia il gap che ci separa da Milan, Inter e Juventurs deriva dai diritti tv solo per una parte, circa 20 milioni di euro. Il resto è dato dalla forza del marchio che i club hanno costruito attraverso le vittorie. Questo percorso va intrapreso e per farlo partire servono le risorse degli azionisti. Fatta questa premessa, per rispondere alla domanda, oggi il contratto di De Rossi sarebbe un caso unico, nel futuro speriamo di siglarne altri così perché significherebbe aver raggiunto quel livello di dimensione economica che ci consente di essere competitivi stabilmente nel tempo.

Nel poco tempo che avete avuto a disposizione, avete notato qualche settore in cui avete operato che è stato più reattivo di altri? 

Considerando che l’arrivo di questo nuovo gruppo di dirigenti è datato luglio e considerando che c’è stato poco tempo perché si è dovuto pensare alla squadra e a un processo di riorganizzazione interna, già da qualche mese alcuni partner americani stanno lavorando su una strategia che potrebbe consentire di chiudere accordi di sponsorizzazione internazionali che potrebbero portare immediatamente qualche beneficio economico per il club.

L’Italia è un paese tendenzialmente protezionista e chiuso verso investitori stranieri:la Roma è osteggiata a livello politico e calcistico?

No, anzi. Al momento registro l’apprezzamento da parte di altri club per il modo in cui la Roma ha impostato la propria struttura organizzativa, lasciando ampia discrezionalità ai dirigenti, cioè Baldini, Sabatini ed io. Anche il fatto di aver portato avanti con l’allenatore un progetto tecnico innovativo che punta a rendere più spettacolare il gioco del calcio è stato molto apprezzato. Se la Roma riuscirà a dimostrare che con un calcio divertente si può anche essere competitivi e vincere, di sicuro ne trarrà benefici tutto il calcio italiano. Uno dei motivi per cui il nostro calcio ha scarso appeal all’estero – e questo significa meno risorse economiche – è perché molte partite del nostro campionato sono brutte. Anche in Premier League ci sono partite brutte dal punto di vista tecnico e tattico, ma come divertimento puro sono migliori. Questo spiega perché la Premier guadagni molto di più rispetto a noi: hanno un dominio nel mercato asiatico e, da tempo, hanno intrapreso un percorso di vendita collettiva dei diritti tv a livello internazionale. Presentano un prodotto di alta qualità, con riprese ottime e stadi moderni e molto funzionali.

Ha paura che questi apprezzamenti vengano meno nel momento in cui la Roma dovesse iniziare a fare stabilmente risultato?

Non lo so, però qualche innovazione la stiamo portando e se alla lunga dovessimo diventare antipatici per le nostre vittorie ben venga. Nel caso, ci porremo il problema.

Siete rimasti stupiti dall’appoggio della gente che anche nei momenti più difficili vi è sempre stata accanto? Pensiamo allo striscione “Mai schiavi del risultato”.

Siamo rimasti sorpresi in positivo da questa grande maturità sia dopo l’eliminazione dall’Europa League sia dopo le prime partite quando i risultati non erano positivi. Oltre alla percezione che comunque si stava costruendo qualcosa, ci sono state azioni conseguenti perché comunque la Roma ha investito sul mercato e ha preso giocatori giovani e di prospettiva che poi si stanno rivelando anche di grande qualità. Non è stata solo una percezione, ci sono stati anche i fatti.

Stadio: a che punto siamo?

E’ un discorso a medio-lungo termine, anche se noi vorremmo accelerare i tempi pur rispettando tutte le procedure. Attualmente abbiamo incaricato una società per la valutazione economica e logistica delle possibili aree e sulla base di queste valutazioni, d’accordo anche con le istituzioni competenti, inizieremo a scegliere le varie opzioni.

C’è stata una scrematura? 

Non ancora. Penso che sarebbe opportuno che il Parlamento approvasse la legge perché questo faciliterebbe l’iter amministrativo.

La legge vi sta bene così com’è?

Sì, perché dà la possibilità di aprire con le istituzioni un dialogo che potrebbe portare risultati in tempi brevi. Il problema del progetto stadio presenta un’ulteriore complicazione che dovrà essere bypassata con un’operazione economica di grande validità e solidità: quando in Italia abbiamo iniziato a parlare di nuovi stadi, con grande ritardo, la situazione del mercato dei capitali era diversa da quella odierna sia sotto il profilo del reperimento di risorse con un vincolo a lungo termine sia sotto il profilo dell’indebitamento perché i tassi di interesse erano molto più bassi di quelli attuali. Oggi costruire uno stadio è un’operazione molto più costosa in cui la ricerca di capitali può essere anche più difficile. Quindi è molto importante costruire un progetto economico che possa attrarre gli investitori con dei ritorni certi.

Avete pensato già a un modello? 

Non c’è un modello architettonico. Dovremo arrivare a una struttura che abbia caratteristiche di solidità ed equilibrio a lungo termine,perché se l’idea complessiva ha un suo equilibrio economico i ricavi aggiuntivi che genera lo stadio vanno solo a beneficio della competitività sportiva del club. Se il progetto ha necessità dei ricavi aggiuntivi dello stadio, la Roma non ne trae benefici a livello sportivo. Il discorso immobiliare va poi affrontato con le istituzioni locali.

Indipendentemente dalla legge,voi state percorrendo la vostra strada autonomamente? 

Cercheremo ovviamente di allacciare i contatti con l’amministrazione comunale ma per far questo dobbiamo prima avere ben chiaro noi il quadro economico e logistico di ogni area. Avevo letto che il Comune paventava una mancanza di interlocutori ma non è così: gli interlocutori ci sono, nello specifico ci sono io sul territorio.

C’è un appuntamento? 

Non ancora perché prima dobbiamo valutare bene tutte le aree potenzialmente interessanti.

Si sente di dire che lo stadio a Roma si farà? 

La costruzione di nuovi stadi è un’opportunità per i club e anche, mi permetto di dire, per il Paese, perché gli impianti rappresenterebbero un indotto economico di grandi potenzialità. Non graverebbero sulla collettività, non ci saranno oneri diretti ma indiretti, perché per costruire lo stadio saranno necessarie concessioni edilizie che renderanno economicamente sostenibili queste operazioni. Possono rappresentare una possibilità di sviluppo per l’Italia e per ogni Comune. Se ci fosse realmente la volontà di costruire nuovi stadi, che sono indispensabili non solo dal punto di vista economico- finanziario, non vedo perché Roma dovrebbe restare indietro. Anzi, potremmo essere proprio noi a dare un segnale positivo al Paese. Lo stadio poi non va visto solo come un asset per i ricavi, ma serve anche per consolidare quel senso di appartenenza che i tifosi devono avere con il club. Lo stadio deve essere la casa dei tifosi. In tutti questi anni il fatto di aver trascurato gli stadi e le presenze dei tifosi ha creato enormi danni al calcio italiano perché ha progressivamente svuotato gli impianti e questo è deleterio dato che il rapporto tra il club e il tifoso si crea dentro lo stadio. Niente può replicare un’emozione che si vive all’interno dello stadio. Purtroppo visto che i tifosi ormai si sono abituati a un prodotto tv di alta qualità e si sono progressivamente allontanati dagli stadi perché scomodi e poco fruibili, dovremmo riprodurre la stessa offerta tv. Penso quindi ai maxi schermi, alle riprese negli spogliatoi, del pullman della squadra. Non limitarci solo alla partita, ma creare un evento che vada oltre la gara stessa per rendere l’esperienza sempre più coinvolgente. Qualcosa abbiamo già fatto, penso al giocatore che va con la mascotte nei Distinti Famiglia, poi vorremmo costruire un piccolo format tv apposta per lo stadio e piano piano realizzeremo un fan village all’esterno dell’Olimpico per rendere sempre più lunga la presenza dei tifosi all’interno del parco del Foro Italico. Lo stadio deve essere un luogo dove si va per una domenica di festa.

Avete pensato anche a come arginare il mercato del falso che proprio intorno agli stadi prolifera? 

E’ un problema che non riguarda solo i club, ma molti grandi marchi. C’era un progetto di legge del 2008 che poteva aiutare le società a limitare il fenomeno almeno intorno agli stadi però per adesso è bloccato. Nel frattempo quello che possiamo fare noi è lanciare un messaggio culturale: chi compra prodotti contraffatti indebolisce il club perché i prodotti ufficiali sono risorse del club. Come società dobbiamo poi impegnarci affinché i nostri prodotti siano di ottima qualità, non basta apporre semplicemente il logo del club.

Siamo abituati a immaginare il marchio Roma come uno dei più spendibili al mondo:è realmente così? 

Noi non vendiamo turismo, quindi dobbiamo esportare l’immagine di un club vincente con un marchio unico al mondo. Credo che la strategia di affermazione del marchio debba andare di pari passo con la competitività del club.

Avete fissato un budget di mercato per gennaio? 

No, stiamo ragionando su alcune ipotesi perché la nostra visione è di lungo periodo. Le operazioni che verranno fatte potrebbero essere le stesse di giugno, non c’è un’attività limitata solo ad aggiustamenti di breve periodo. La strategia che stiamo definendo riguarderà, per quanto possibile, anche la prossima stagione. Ne dobbiamo ancora discutere con gli azionisti, ma nel frattempo Sabatini e Baldini stanno valutando tutte le possibilità. Non ci faremo trovare impreparati.

La priorità è sfoltire la rosa? 

Sì, perché è quello che vuole Luis Enrique e perché è giusto che chi ha poco spazio abbia la possibilità di giocare. Poi cercheremo di completarla opportunamente. Prestiti? E’ difficile dirlo adesso, però se arriverà qualcuno in prestito lo farà con il diritto di riscatto.

Il piazzamento Champions quanto potrebbe cambiare?

Sarebbe importantissimo, ma al momento non possiamo calcolarlo. Un’altra cosa su cui dobbiamo lavorare, d’accordo sempre con le istituzioni calcistiche, è il Fair play finanziario.

A lei il Fair play non piace molto.

No, perché cristallizza i rapporti di forza tra i club lasciando liberi solo gli investimenti per giovani e strutture. Una proposta che si potrebbe fare è quella di spostare il controllo operativo, lasciando libera la parte sugli investimenti per i calciatori, in modo da poter così consentire una crescita dei club. Il controllo lo faccio su ricavi e costi della gestione corrente, ma ti lascio liberi gli investimenti. Se invece si controlla solo la voce finale si rendono stabili i rapporti di forza tra i club e prima di poterli modificare ci potrebbe volere tanto tempo. E diventerebbe un circolo vizioso, perché se tu non mi permetti di investire, non posso essere vincente e quindi non posso aumentare i ricavi e sarò sempre costretto a un ruolo subordinato.

Le Olimpiadi 2020 sono una possibilità anche per la Roma? 

Se si riuscisse a costruire un nuovo stadio, sarebbe importante anche per il Coni e per la candidatura di Roma. Sarebbe una carta in più.

Tornando al mercato,è da escludere che arriveranno giocatori che possano essere considerati come la classica “toppa” da metà stagione? 

Sì, mi sento di escluderlo. L’infortunio di Burdisso ha complicato i piani, ma l’affidabilità dei giocatori che abbiamo ci consente di non trovare soluzioni temporanee. Si lavorerà sempre su un piano pluriennale.

Sfoltire la rosa: Pizarro potrebbe andare via?

La nostra rosa è composta da tanti giocatori buoni che stanno trovando meno spazio. Se per qualcuno di loro dovessero arrivare offerte, e se loro fossero disponibili a valutarle, potremmo prenderle in considerazione. Adesso analizzare caso per caso è difficile, l’unica operazione concreta fatta è Borriello.

Molti tifosi si lamentano del fatto che lo stesso Borriello,Vucinic e forse anche Pizarro possano andare a rafforzare una squadra come la Juventus. 

La situazione economica generale influenza anche questo. Tranne qualche trasferimento eclatante, fare transazioni è molto più difficile e questo ti obbliga a privilegiare l’aspetto economico rispetto al nome del club dove va il calciatore. Senza considerare che poi sono i giocatori ad avere l’ultima parola. La loro volontà è spesso determinante. Per Borriello, la Roma ha avuto diverse richieste economicamente allineate, quindi poi la scelta è stata in gran parte del calciatore.

Lei che lo conosceva dai tempi di Lecce, si aspettava un’esplosione così di Osvaldo?

Ride. Osvaldo è fortissimo. Lo era già a Lecce, per me era l’erede naturale di Vucinic e insieme a lui e Chevanton credo che sia stato il miglior giocatore che il Lecce abbia avuto in attacco almeno negli anni in cui ci sono stato io. Già allora dava dei segnali importanti di crescita e faceva pensare che sarebbe potuto diventare un campione. Ed è su quella strada. Ha un carattere generoso. Molto sensibile. Anche sotto il profilo umano è una persona che si fa apprezzare.

A proposito di Lecce:analogie tra Luis Enrique e Zeman? 

Poche. Zeman è un grande allenatore, Luis lo sta diventando. Hanno due filosofie diverse, basate entrambe sul lavoro. Però, mentre Zeman ha una visione del gioco più dogmatica, Luis tenta di portare un’idea che lascia i calciatori liberi di interpretare questo sistema di gioco e quindi richiede più partecipazione e coinvolgimento dei giocatori stessi.

Quando sente dire che Luis si sta italianizzando cosa pensa?

Non credo che sia così. Credo che alcuni meccanismi vengano meglio adesso col tempo, e quindi il gioco sembra più veloce rispetto all’inizio. In realtà, proprio l’ultima partita di Bologna ha dimostrato che la squadra ha giocato esattamente come voleva l’allenatore. Da sempre. Speriamo di continuare così.

È cambiato l’atteggiamento della cosiddetta vecchia guardia?

Abbiamo sempre detto che la forza della Roma era quella di aver investito su dei giovani di prospettiva lasciando però in rosa giocatori più esperti. Da questo mix sarebbe potuto nascere un club che avrebbe potuto ottenere risultati in prospettiva essendo però competitivo già da subito. Piano piano, dopo un periodo iniziale di assestamento, credo che questo amalgama tra vecchio e nuovo si sia creato. E comunque devo ringraziare tutti i giocatori per come si sono messi a disposizione, con grandissima professionalità. E poi c’è una cosa notata da pochi: noi abbiamo 11 giocatori nuovi e serviva, anche per loro, un periodo di adattamento al calcio italiano. Era prevedibile che nel periodo iniziale ci fossero delle difficoltà.

Che 2012 sarà? 

Spero che sia un anno di crescita, anche economica per il Paese. Per la Roma, spero che ci si migliori in tutti i sensi, sia sotto il profilo sportivo sia sotto quello organizzativo e societario. Dal punto di vista dei risultati, ho già detto che se dovessimo arrivare in Champions sarebbe un grande successo con una squadra così profondamente rinnovata. L’obiettivo è continuare su questa strada e vedere continuamente dei progressi, pur sapendo che magari, con così tanti giovani, gli alti e bassi possono essere naturali. Questo significherebbe che stai costruendo qualcosa di importante e che con dei tasselli giusti puoi essere sempre competitivo ad alti livelli. Questo è importante anche per quanto riguarda le coppe europee e i posti che vengono assegnati all’Italia, anche se credo che sarà comunque necessaria una riforma delle competizioni perché è impensabile che un paese come l’Italia corra ancora il rischio di vedere diminuite le presenze in Champions dei prossimi anni nonostante il contributo economico che il paese dà alla Champions. Nel 2015, quando scadranno gli attuali contratti televisivi che bloccano il format, sarebbe auspicabile una revisione da parte della Uefa con una fusione delle due competizioni in un unico torneo.

Pensa anche a posti garantiti per un certo numero di anni? 

Le modalità di accesso vanno valutate…

Ne avete già parlato in Lega? 

In Lega molti dirigenti sono preoccupati per i sistemi di calcolo del ranking. Oltre ad aver preso coscienza di questo, dobbiamo studiare delle soluzioni di concerto con le altre leghe europee.

La Tessera del tifoso.

La Lega è intervenuta ufficialmente e ha scritto una lettera all’Osservatorio in cui ha manifestato apprezzamento per il progetto della Roma con la volontà di farlo condividere anche gli altri club. Quindi stiamo aspettando che l’Osservatorio ne prenda atto e tenga conto della volontà della Lega di consentire l’emissione di voucher di biglietti e quindi poi partiremo. Penso che se l’Osservatorio risponderà in tempi rapidi, potremmo partire per il girone di ritorno.

Allenamenti a porte aperte?

C’è la volontà di aprire Trigoria. È importante anche per i calciatori sentire il grande calore dei tifosi. Ci sono ancora piccole cose strutturali e logistiche da fare prima di consentire l’accesso ai tifosi e poi potremo aprire le porte, perché è una cosa che vogliamo fare assolutamente. Si potrebbe ipotizzare una partecipazione più attiva di tifosi e sponsor alla vita di Trigoria. Alcuni spazi potrebbero essere aperti a sponsor e tifosi.

Riportare gli uffici in centro? 

Stiamo valutando con il Coni la possibilità di prendere dei locali all’Olimpico per trasferire parte degli uffici amministrativi all’ex Ostello della Gioventù. Questo libererebbe spazi a Trigoria che potrebbero essere messi a disposizione dei tifosi. Dovremo cercare di esplorare tutte le possibilità commerciali con il Coni.

Ha paura che qualche giovane preso ora diventi fortissimo e poi sia tentato da altri club? 

C’è la volontà di investire per crescere il club sotto il profilo commerciale non tanto in Italia quanto all’estero. Nel Cda ci sono persone che hanno lavorato negli Usa nel settore marketing ad alti livelli. Tra due o tre anni ci porteranno a essere competitivi, nel frattempo lavoriamo per arrivarci. Dobbiamo arrivare a costruirci un Messi in casa e potercelo poi mantenere avendo nuove risorse. Al momento è più complicato, fra qualche anno speriamo sia più facile.

Il suo obiettivo personale?

Lavorare alla Roma è per me motivo di orgoglio. Vorrei dare il mio contributo per far crescere la società e farla diventare quello che tutti noi vogliamo. Abbiamo risorse importantissime come Baldini e Sabatini: se riusciremo a mettere loro a disposizione le risorse economiche necessarie, potranno fare grandi cose. E poi attraverso il calcio mi piacerebbe che si riuscisse a esportare un’altra idea di Roma.

Il rinnovo di Sabatini? 

Nessun dubbio….Walter ha il rinnovo automatico.

La cosa di cui è più orgoglioso? 

La decisione di venire alla Roma l’avevo presa, ma il 6 luglio con Sabatini ci siamo trovati a far decollare una squadra, anche se le decisioni tecniche sono sue e dello staff. Essere partiti e aver messo in moto un meccanismo attraverso il passaggio societario e le operazioni di finanziamento, anche grazie alla disponibilità di Unicredit, è motivo di grande soddisfazione. Anche perché l’abbiamo fatto in tre mesi.

Un errore?

Non ne vedo, sinceramente. Devo invece sottolineare la disponibilità e professionalità di tutte le persone che lavorano alla Roma. Se qualche errore ci sarà stato, lo vedremo nel tempo, ma per ora mi sembra di no.

Pjanic l’avete preso in due giorni:è vero che Sabatini l’ha chiamata di notte per chiudere? 

C’era stato il plotone mattutino… (ride, ndr) Walter aveva messo in piedi l’operazione ma non aveva mai stretto, poi negli ultimi due giorni l’abbiamo conclusa. Credo che ne sia valsa la pena. Come per Osvaldo: se ne parlava male, invece mi pare abbia fatto bene. Diciamo che dei nuovi acquisti nessuno ha reso in misura minore alle aspettative, anche Gago e Stekelenburg. E Lamela.

E gli spagnoli? 

Sono pochi gli spagnoli che non hanno qualche problema di ambientamento. Anche per loro arriverà il momento di dimostrare le proprie qualità.

Il riscatto di Bojan non vi spaventa? 

L’opzione scade nel 2013, ma le clausole possono essere rinegoziate.

La sua giornata tipo? 

Mediamente l’ad della Roma è il problem solverdi piccole questioni. La Roma è complessa sotto il profilo gestionale, la routine è una cosa, è fatta di pagamenti e riunioni con i collaboratori. Questa è un’attività tipica di qualsiasi azienda. E poi ci sono le telefonate con Sabatini… (ride di nuovo, ndr)

E Luis Enrique?

È un grande professionista, ha una serie di attività che svolge regolarmente con i suoi collaboratori e comunque il vantaggio di Trigoria è che si è tutti là ed è più facile incontrarsi.

Dopo Firenze ha pensato che potesse dimettersi? 

L’ho visto sempre molto motivato, anche perché quella partita, al di là degli episodi, non era stata da buttare via. Era dispiaciuto ma non ha mai manifestato segni di cedimento né noi glielo avremmo mai consentito.

Dopo Firenze c’è stato un punto di rottura? 

Io credo che senza l’espulsione di Juan avremmo vinto anche a Firenze.

Cosa pensa del calcioscommesse?

Fa tristezza, soprattutto per quello che sta emergendo. Detto questo, è difficile farsi un’idea finché il lavoro dei magistrati non sarà completo. Credo che questo problema non riguardi solo l’Italia e che dallo sport americano i calciatori debbano imparare il modo in cui ci si pone nei confronti del club, specie sotto il profilo commerciale. C’è una disponibilità culturale che qui non c’è. Un calciatore è parte integrante di un club non solo quando si allena.

Kevin Garnett azionista della Roma. Come lo commenta?

Mi fa piacere che giocatori così si avvicinino alla Roma in questo modo, la sua partecipazione non ha un contenuto finanziario ma sta dentro una compagine che sta cercando di fare qualcosa di grande a Roma.

Il giocatore più forte che ha avuto? 

A Roma tutti, a Lecce a parte Osvaldo direi Vucinic, Chevanton e Ledesma. Bojinov poteva avere una carriera diversa, forse era arrivato troppo presto su alti livelli e ha avuto difficoltà a gestire i passaggi. Sotto il profilo umano, però, dico Giacomazzi, che aveva la possibilità di andare in Inghilterra, ma ha preferito restare a Lecce guadagnando di meno per motivi affettivi.

Si aspettava che Vucinic andasse via?

Credo che quando un giocatore fa una scelta così decisa, è difficile farlo tornare indietro. L’operazione Vucinic è stata un vantaggio per lui e anche per la Roma.

Cosa pensa de “Il Romanista”? 

Detto fra noi, quando ho cominciato a occuparmi della Roma, ho fatto due cose, abbonarmi a “Roma Channel” e a “Il Romanista”. Credo che un giornale dedicato a una squadra sia una grande dimostrazione d’amore e anche un’esperienza unica.

Pannes ha avuto delle deleghe operative. 

Io ho le mie deleghe sulla parte sportiva, lui ha ereditato quelle di DiBenedetto. Sempre di concerto con il Cda, si possono sviluppare certe idee e strategie. Conflitto con me? A parte che ci sentiamo spesso, poi ognuno ha le sue competenze.

Si farà il museo della Roma?

Sì, va solo verificato dove. È ovvio che la destinazione finale del museo sarà lo stadio perché nell’ambito dello stadio le attività che non mancano mai sono ristoranti, negozi e, appunto, il museo della squadra. Tutti si riempiono la bocca con questi stadi polifunzionali, ma alla fine gli stadi per il calcio devono avere queste cose. Poi, come finanziare gli stadi è un altro discorso: in Inghilterra, ad esempio, hanno finanziato gli stadi con una quota delle lotterie nazionali, quindi hanno messo dei soldi pubblici. In Germania li hanno fatti per i Mondiali, mentre in Italia le risorse pubbliche non ci sono. E, se ci fossero, sarebbe giusto che venissero destinate ad altre cose. In Italia un modello di stadio con attività sinergche intorno è indispensabile, altrimenti nessun club potrebbe costruirlo. Lo ha fatto la Juve dopo un lungo percorso e ha avuto davanti un supermercato. E poi ha avuto una forza importante, quella del brand: è un modello unico e non imitabile e anche in questo caso le attività commerciali hanno svolto un ruolo importante. Gli stadi saranno stadi e basti, nelle aree intorno ci saranno altri investimenti. Per esempio, a Roma potrebbero esserci anche investimenti di ospitalità alberghiera. Dovremmo trovare un’area che consenta questo e poi sarà importante la logistica: oggi si ritiene che almeno il 60% dei tifosi possa andare allo stadio con mezzi pubblici, in Italia è un po’ diverso quindi bisognerà studiare bene pure questo. Un accordo con le istituzioni dovrà prevedere anche investimenti sulla viabilità pubblica.

Vi siete dati un limite di tempo per l’individuazione di queste aree?

Il Cda ha dato mandato a un consulente, adesso cominceremo a valutarle e poi sarà fatto un piano di fattibilità che vada bene per ogni area.

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