(S. Boldrini) – Un americano a Londra. Trafalgar Square a cinquanta metri, un principio di sole dopo giorni di grigio assoluto, l’entrata di un hotel con molte stelle. Il presidente della Roma, James Pallotta, abiti casual, è seduto in poltrona. Attende una persona per un meeting di affari. Oggi, col suo consigliere Alex Zecca, il direttore generale Mauro Baldissoni, il direttore sportivoWalter Sabatini e il Ceo Italo Zanzi, è in programma una riunione negli uffici della Raptor, ad un passo da Regent’s Park, per organizzare la prossima stagione sportiva.
L’argomento di questi giorni a Roma è la questione dell’allenatore: Rudi Garcia resta o va via?
«Vogliamo andare avanti con il nostro tecnico. Con lui la Roma è arrivata due volte seconda».
Le dichiarazioni rilasciate da Garcia alla vigilia di Roma-Palermo autorizzano però a pensare che la luna di miele con il manager francese sia finita. «Non nego che quella conferenza stampa non mi sia piaciuta. Certe cose non bisogna darle in pasto all’opinione pubblica. Se ci sono divergenze, si parla all’interno della struttura, altrimenti si crea solo confusione».
La retromarcia di Garcia non poteva passare inosservata: dopo aver parlato per mesi di Roma da scudetto, alla fine del campionato ha detto che il gap con la Juventus è incolmabile.
«Io non credo che il gap con la Juventus sia incolmabile. La Juventus ha il vantaggio di un progetto avviato prima del nostro, ha uno stadio di proprietà e un’esperienza consolidata. La Juventus ha una base così forte che è riuscita a gestire bene il cambio di allenatore. Detto questo, la Roma è sulla buona strada per acquisire la dimensione della Juventus».
Parlare apertamente di scudetto in estate è stato probabilmente un azzardo: Liedholm e Capello usarono quella parola solo a conquista avvenuta.
«Garcia ha cercato solo di dare sicurezza alla squadra. È stato un modo per aumentare l’autostima dei giocatori. Probabilmente però anche in questo caso sarebbe stato meglio parlare di certe cose all’interno dello spogliatoio e non in pubblico».
Soddisfatto o deluso dalla stagione della Roma?
«Io non sono mai soddisfatto perché punto sempre al miglior risultato. È chiaro che qualcosa non ha funzionato, ma nonostante tutto, siamo secondi per la seconda volta di fila e andiamo in Champions, evitando lo stress dei playoff».
Qual è stato il problema tecnico della Roma?
«La preparazione atletica non è stata sufficiente. Dopo un’ora, la squadra non aveva più energie. Faticava. Il calcio non è il basket e neppure il baseball che ha molte pause. Nel calcio devi correre novanta minuti».
Quindi?
«Cambieremo lo staff che si occupa della preparazione atletica. Sarà un cambio radicale: 5 uomini di assoluto livello, compreso un nutrizionista».
Momento chiave della stagione?
«La sconfitta con il Bayern. Perdere 7-1 è una cosa, essere superati 2-1 è totalmente diverso. La batosta con la squadra tedesca ha tolto sicurezza e convinzione. Non ci siamo più ripresi. Quella sera il nostro allenatore ha sbagliato la gestione della gara. L’altro momento decisivo è stato il pari di Mosca. Avessimo vinto col CSKA, saremmo andati avanti in Champions».
Il mercato di gennaio si è rivelato fallimentare: non le pare che anche i dirigenti abbiano le loro responsabilità?
«Doumbia aveva giocato la Coppa d’Africa e non era pronto. Ibarbo ha avuto problemi fisici, ma nelle ultime gare ha dimostrato di essere utile».
Non parla mai dei calciatori nella sua analisi: non le sembra che questa linea possa costituire un alibi per la squadra?
«Nelle gare di Manchester e all’andata contro la Juve la Roma giocò un buon calcio. Il problema è che la squadra non reggeva più di sessanta minuti e questo limite non può essere attribuito alla squadra. Bisogna allenarsi meglio e correre di più».
La sua presa di posizione nei confronti di quella parte della tifoseria che ha mostrato gli striscioni contro la madre di Ciro Esposito ha alimentato il dissenso nei suoi confronti. Il «fucking idiots» non è piaciuto.
«Allo stadio gli spettatori devono comportarsi in modo civile. Io non mi sono rivolto alla maggioranza dei nostri tifosi, che non hanno mai creato problemi, ma a quell’esigua minoranza, responsabile di certi gesti».
Ha avuto il coraggio di assumere una posizione netta, mentre la maggior parte dei presidenti ha paura di prendere di petto le frange turbolente del tifo.
«Io non giudico i miei colleghi. Non ho la pretesa di venire in Italia ad insegnare come fare il presidente. Io penso ai miei fan. Vorrei comportamenti civili e responsabili. La squadra va sostenuta, anche nei momenti difficili. Non abbiamo vinto lo scudetto, ma siamo secondi per la seconda stagione di fila».
La questione stadio?
«Attendiamo buone notizie».
Garcia salterà la riunione di Londra: come va interpretata la sua assenza?
«Con Garcia abbiamo parlato. Lui sa quali sono i nostri progetti e quale sia la strategia di questa società. Sono convinto che nella prossima stagione, con le novità che stiamo introducendo, si possa fare meglio».
Di conseguenza Garcia resta.
«Me lo ha già chiesto tre volte. Lo ripeto: Garcia è il nostro allenatore».