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GAZZETTA DELLO SPORT Lanciato da Zeman, forgiato da Mihajlovic. E’ cresciuto con due idoli: Maldini e Zidane

Romagnoli
Romagnoli

(F. Oddi) Un allenatore che ritiene il ragazzo in questione un giovane interessante, un altro che lo ritiene indispensabile per completare la squadra, una società che ha bisogno di fare l’investimento sul centravanti: così Alessio Romagnoli è diventato un difensore del Milan. Venticinque milioni più bonus: i soldi per Dzeko, e una mezza dozzina d’avanzo. Il prezzo del nuovo Nesta, definizione di Sinisa Mihajlovic, uno che con Nesta ha fatto coppia per 4 stagioni.

MILAN NEL DESTINO – Cinque anni prima di diventare l’italiano più costoso di questa sessione di mercato Alessio Romagnoli aveva vissuto proprio contro il Milan la prima grande delusione della carriera, una finale per lo scudetto Giovanissimi persa 3-0. Allenatore di quella Roma, Vincenzo Montella: «Aveva smesso da pochi mesi – racconterà anni dopo – si divertiva a giocare le partitelle con noi, e quando gli levavi palla si vendicava pestandoti i piedi: è stato il primo a farmi scoprire certe malizie». L’anno successivo Allievi sotto età con Stramaccioni, poi Primavera con Alberto De Rossi, sempre sotto età. Ci rimarrà pochi mesi, nella categoria in cui alcuni suoi coetanei hanno giocato fino a giugno scorso: a 17 anni trova Zeman che se lo porta in prima squadra. La sua prima trasferta coi grandi la fa a San Siro (contro l’Inter), l’esordio in serie A proprio contro il Milan, il 22 dicembre del 2012. Il boemo sognava una difesa con Marquinhos e Romagnoli centrali, quel giorno, con la Roma avanti 4-0, il 18enne brasiliano si fa buttare fuori a 12’ dalla fine, e Zeman butta dentro il 17enne di Anzio, portato a Trigoria da Bruno Conti. A lasciargli il posto è Francesco Totti.

GOL E SPARIZIONE –  Pochi mesi dopo, in Roma-Genoa, Totti segna, pareggia su rigore Borriello e Romagnoli segna il 2-1 di testa su calcio d’angolo. Alla seconda partita in serie A, la prima da titolare. Sembra nata una stella, ma in panchina non c’era più Zeman, ma il meno coraggioso Andreazzoli: da quel 3 marzo a fine campionato il 18enne Romagnoli non fece più un minuto. Tornò in campo il 16 febbraio dell’anno dopo, contro la Sampdoria, altra squadra del destino: Rudi Garcia si ritrova senza un terzino sinistro e ci piazza il ragazzino. Giocherà 11 partite quell’anno, tutte da quarto a sinistra: Garcia non lo ha mai schierato nel suo ruolo. Un segnale: il francese lo stima, ma non è una stima totale e incondizionata come quella del neo tecnico del Milan. Il secondo segnale è il placet al prestito alla Sampdoria. A Genova trova Mihajlovic, che ha un debole per i centrali che sanno impostare l’azione. Romagnoli da ragazzino giocava in mezzo al campo, e prima di lasciare la Primavera ha fatto qualche partita da vertice basso, davanti alla difesa. «Il ruolo in cui mi diverto di più – dirà poi – d’altronde da ragazzino il mio idolo, con Paolo Maldini, era Zidane». In altre interviste citava Nesta: un altro segno del destino. Dopo la Samp, c’è l’Europeo Under 21, in coppia con Rugani, uno con cui farà per anni a gara a chi è più bravo. E dopo l’Europeo, le prime frizioni con la Roma: prima la richiesta di un supplemento di ferie, poi quella di adeguare il contratto, in scadenza nel 2018. Ma la trattativa alla fine non è neanche partita: Sabatini voleva Dzeko, Garcia gli avrebbe comunque preferito Castan. E il ragazzino che ammirava Maldini e Nesta potrà provare a raccoglierne l’eredità.

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