(P. Architetti) Non è difficile catalogare questo pareggio come la peggior partenza di Rudi Garcia da romanista, perché nelle prime due stagioni aveva toccato dieci (2013) e cinque (2014) vittorie consecutive. Ma quel che più conta non è il riscontro statistico, ma il pericolo che domenica i giallorossi potrebbe già essere distanti cinque punti dalla Juve, se ai campioni riesce il pieno oggi con l’Udinese e tra una settimana all’Olimpico. Dopo un’estate a parlare di avvicinamento tra le due favorite, sarebbe come vedere un pilota di F1 partire dal fondo, per qualche guaio dell’ultimo istante: il gran premio diventerebbe emozionante, però con poche possibilità di rimonta completa. Per evitare che ciò accada, la Roma deve sistemarsi in tutti i reparti e l’usato sicuro di Mandorlini ne ha messo in risalto i difetti. Se siano stagionali o definitivi, lo dirà il tempo. Che è molto in senso generale, ma poco per le abitudini dei romanisti e per il frontale di settimana prossima.
I MOTIVI Il pareggio è giusto, l’Hellas è anche riuscito a scappare con Jankovic verso metà ripresa ma in cinque minuti si è fatto riprendere, proprio quando Garcia cambia due posizioni (Keita e Iago per De Rossi e Salah). Ma non sono le nuove scelte a determinare il gol di Florenzi (quindicesimo in A), bensì un errore del portiere Rafael che poi si fa perdonare con una paratona su Pjanic. Al di là di questi episodi, alla Roma non riesce il consueto debutto sprint perché non occupa il campo in maniera omogenea e non trova la velocità per spezzare le linee veronesi. Davanti soltanto Dzeko mostra personalità, sacrificio e tecnica. Gervinho, preferito a Iago Falque, non dialoga con l’ultimo arrivato, anche se cambia spesso il lato con Salah, altra faccia nuova simbolo di speranza. Ma l’egiziano ha passi e pensieri pesanti, non è ancora sintonizzato con il resto. Prova un tipo unico di giocata, la perforazione, però viene intercettato. Nel tentativo di aiutare l’attacco, Garcia sposta spesso Pjanic da centro destra a trequartista. Nella ripresa la mossa serve, con il bosniaco più vicino alla porta e al tiro, ma prima l’accentramento provoca un vuoto a destra talmente visibile che i tifosi romanisti vorrebbero gridarlo a Rudi. Florenzi, poi risolutore, rimane da solo su un’intera fascia e viene infilzato da Hallfredsson — il migliore — Gomez e Souprayen. Se De Rossi non buttasse fuori dalla porta un colpo di testa di Jankovic, il Verona sarebbe passato avanti prima.
NUOVO VERONA? Niente affatto, è il solito attrezzato Hellas delle ultime due stagioni, svelto a scendere da 4-3-3 a 4-5-1, abile a recuperare e a filare verso la porta. Pazzini siede in panchina: entra nel finale per un tentativo di 4-3-1-2 con Siligardi dietro. Jankovic e Gomez affiancano Toni o il trio di centrocampo: per dimostrare che non sanno soltanto arretrare, si conquistano le migliori chance e sostengono Hallfredsson quando costui pulisce i palloni gettati dai rivali. Un solo nuovo acquisto al via per Mandorlini: Souprayen, cavallo di sinistra, piacevole sorpresa che si butta pure negli ampi spazi. L’Hellas non è solidissimo sul centro area, però il collettivo riesce spesso a fermare i rivali fuori. Con Greco addetto più che altro alla copertura su Pjanic, quando il bosniaco staziona a lungo al centro, sono gli interni a determinare il gioco: davanti Toni non è determinante come nel recente passato. Talvolta cerca troppo il fallo, in altre scene non serve i compagni liberi. Si mette a dare e pigliare spintoni nel secondo tempo, riesce a fornire qualche sponda. Interessante l’ingresso di Siligardi, a suo agio da esterno e da centrocampista avanzato. Sarà un problema invece inserire Pazzini in questo sistema collaudato.
NUOVA ROMA Dzeko e Szczesny, sono loro a meritarsi i complimenti fra gli acquisti dell’estate. Del centravanti, moderno interprete del ruolo, si è detto. Per quanto riguarda il portiere polacco, sbriga tre volte delle situazioni incendiarie. Anche se contribuisce a mettere in moto Hallfredsson, con un passaggio poco delicato a Manolas, è il difensore a combinare il guaio grosso e il portiere a rimediare due volte. Alla Roma mancano personaggi convincenti sulle fasce (Maicon era k.o.) e coesione d’intenti davanti. Totti guarda sempre dalla panchina: il suo ruolo diventa quello di suggerire come battere una punizione a Florenzi. Domenica arriva la Juve e Garcia può essere già dietro. Tanto.