(A. Pugliese) – «Difficile vederti come rivale, ma oggi devo». Il tweet di Radja Nainggolan era stato premonitore, magari il Ninja troverà il modo di consolare Pjanic più avanti, a Roma, quando torneranno ad essere compagni. Anche perché con la sua cinquantesima vittoria europea, il Belgio resta nella scia del Galles e quasi elimina, invece, la Bosnia dall’Europeo. Eppure un altro giallorosso, Dzeko, aveva illuso i Dragoni, anche se poi quell’illusione lì è durata il tempo di un soffio di vento. Merito di un De Bruyne fantastico, con il City che benedirà eccome quei 70 milioni.
GENERAZIONE DI FENOMENI Di fatto, la partita la fa sempre il Belgio. Anche perché Wilmots la disegna bene, con gli interscambi tra gli esterni di attacco (De Bruyne e Hazard) e gli intermedi (Fellaini e Nainggolan) che non danno riferimenti ai difensori bosniaci e spesso liberano spazio in fascia per le scorribande offensive di Vertonghen a destra ed Alderweireld a sinistra. Fellaini così finisce con giocare spesso alto, a volte pure da punta vera, anche se poi tutta la differenza del mondo la fa proprio De Bruyne. Quando accorcia porta via Kolasinac, quando stringe dialoga stretto con Lukaku e quando spinge in fascia è travolgente. E non è un caso che il pari belga (23’) arrivi da un suo assist su angolo (con colpo di testa vincente di Fellaini), a cui fa seguito la fiondata da venti metri con cui al 44’ fissa il 2-1. Il modo in cui riceve palla da Witsel, si gira e calcia secco sul palo lontano sembra quasi una pennellata d’autore. Wilmots aveva iniziato riportando Witsel davanti alla difesa (con Nainggolan riportato in mezzo), finisce con Ogiri a fare il Lukaku. Entrambi si divorano un gol (Ogiri al 38’ della ripresa, Lukaku al 28’), anche se poi in cassaforte la mette Hazard su rigore.
TRA SOGNI E SPERANZE Eppure a sognare dopo appena 15’ era stata proprio la Bosnia, che per sperare di arrivare in Francia doveva vincere. A mettere le ali ai Dragoni è Dzeko, con un colpo di testa che sembra un tocco di biliardo: discesa sulla destra di Mujdza, contromovimento del centravanti della Roma e palla sotto l’incrocio, con Courtois preso in controtempo. Il problema, però, per la Bosnia è che il 4-2-3-1 diventa quasi sempre 4-4-1-1, con Pjanic che galleggia tra le due linee, a volte seconda punta a volte trequartista, ma mai dentro la partita. Un po’ colpa di quella caviglia sinistra che si tocca a lungo nel pre-partita, un po’ di un modulo che non gli permette mai di prendere per mano la Bosnia. Così dopo il gol la squadra di Bazdarevic esce di scena. Per poi rientrarci nella ripresa, però, quando Courtois deve superarsi prima su Medunjanin (13) e poi su Dzeko (38’). Lulic finisce terzino (dentro Hajrovic), Pjanic si abbassa e Ibisevic aumenta spessore davanti. Ma non cambia nulla. E allora tocca a Radja consolare Miralem. La dedica è pronta. È per Aysha, la figlia, ieri al primo giorno di scuola materna. Edin, invece, si lecca le ferite e lascia lo stadio con la mano destra fasciata.