(D. Stoppini) Se volete una foto della prestazione della Roma, non cercatela nelle parole di Rudi Garcia. Andate da Luis Enrique, ascoltatelo mentre sussurra: «Mi aspettavo una Roma più all’attacco, evidentemente hanno cambiato atteggiamento». Sì, caro Luis. L’errore si fa una volta, ripeterlo sarebbe stato troppo grave. L’1-1 con cui Garcia ha bloccato il Barcellona vale come un rito per esorcizzare un ricordo: undici mesi dopo l’1-7 subito dal Bayern, l’incubo si è trasformato nella scelta di un’altra Roma. Meno frizzi e lazzi, più cuore e cervello. «L’esperienza dello scorso anno ci è servita – ha spiegato il tecnico francese – Avere un vissuto in Champions è importante, avere giocatori come Dzeko e Salah che l’hanno già disputata lo è ancora di più. Abbiamo giocato la partita che volevamo. Esattamente così, proprio in questo modo l’avevamo preparata: se avessimo lasciato spazi a quei tre sarebbe stata dura». Meglio diffidare, allora, di chi sbandiera coerenza in ogni angolo di mondo: «Questo risultato e questa prestazione ci daranno fiducia per il futuro, sicuramente aumenterà l’autostima della squadra: i giocatori devono capire che possiamo fare grandi cose – ancora Garcia – Non è questo l’atteggiamento tattico che voglio vedere in campionato, ma questa partita ci è utile per capire che sappiamo difendere bene se lo vogliamo». Forse l’Everest non sarà stato scalato del tutto, ma… «siamo arrivati vicini alla vetta, tatticamente è stata la partita giusta, quasi perfetta. Certo, sognavo una vittoria e forse avremmo potuto fare meglio nei contropiede, ma va bene così. Bravi tutti. E bravo pure De Sanctis, entrato benissimo in campo».
Maledizione Szczesny – Entrato perché Szczesny si è arreso alla maledizione Barcellona. Il polacco ha lasciato l’Olimpico con la mano sinistra fasciata dopo il contatto con Suarez: lussazione all’anulare la prima diagnosi, oggi ulteriori esami. «Speriamo non sia niente di grave», ha detto Garcia. Lo spera pure il polacco: era la terza volta in carriera che affrontava il Barcellona, secondo infortunio dopo quello del 2011, sempre alla mano. Szczesny era l’unico che non sorrideva, all’Olimpico. Potenza di una vittoria che «solo» in classifica vale come un pareggio.