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IL MESSAGGERO Garcia alla resa dei conti

Garcia
Garcia

(U. Trani) – «Se giocheremo sempre così, vinceremo tante partite». L’elogio della sconfitta diventa il punto di (ri) partenza della Roma. La sentenza è di Sabatini che non si sbilancia tanto per farlo. È la linea della società dettata dal ds che è il Governatore di Trigoria. Presentatosi in pubblico, non a caso, a commentare il primo ko stagionale. La comunicazione la indirizza lui. E il messaggio è stato rapidamente divulgato all’esterno del villaggio giallorosso. La prestazione di Marassi non va dispersa, ma elaborata per risalire la classifica. Di conseguenza, alla piazza che contesta apertamente la gestione tecnica, invia il segnale più chiaro che ci possa essere in questi giorni ad altissima tensione: Garcia non si tocca. Unità, armonia e condivisione. Sono parole che volano nell’etere e chissà per quanto vi resteranno appese. Slogan dei tempi moderni. Ottimi, però, per tutte le stagioni.

PECCATO ORIGINALE Figuriamoci per questa. La principale rivale della Juve nella corsa scudetto, dopo 5 giornate, ha 7 punti in meno dell’anno scorso e dell’Inter capolista. Falsa partenza, nonostante gli investimenti onerosi della scorsa estate, il secondo monte ingaggi della serie A (dietro ai campioni d’Italia) con 113 milioni (allenatore escluso) e il calendario iniziale abbastanza agevole. Normale che il capro espiatorio sia Garcia: il calcio si vive così, quando mancano i risultati. Il colpevole è facile da trovare. Sta in panchina. Ma la Roma, club ai primi anni della sua nuova vita (quinquennio appena sbocciato), non ha ancora l’esperienza e la malizia di chi il mestiere lo fa pure bendato. Ha quindi i suoi tempi, per capire e intervenire. Per la verità i dirigenti giallorossi, compreso Pallotta che ha avuto sempre nitido l’orizzonte pure se scrutato da oltreoceano, non hanno certo dovuto aspettare questo mese deludente per avere dubbi sul lavoro di Garcia, soprattutto sulla gestione dello spogliatoio e sull’addestramento tattico. Le perplessità sono antiche. In primavera, dopo i colloqui con Conte e Ancelotti, è stato però deciso di confermare il francese. Troppo caro l’esonero per chi è sotto la lente d’ingrandimento del Financial Fair Play: 17 milioni lordi (2,8 milioni netti a stagione fino al 30 giugno 2018). Meglio limitarsi a cambiare i suoi interlocutori. Nuovissima la struttura: preparatore atletico, medico e team manager. Addirittura raddoppiati i match analyst.

SITUAZIONE COMPROMESSA La freddezza di ieri è quella di oggi. Se ne accorgono per primi i giocatori. Che hanno capito come la posizione del tecnico sia fragile davanti alla dirigenza italo-americana. Il turnover contro il Sassuolo, al di là delle comprensibili dichiarazioni di facciata, non è piaciuto. Dannoso per la classifica (2 punti buttati) e per l’immagine del club. Fuori i titolari da Digne a Dzeko e spazio ai (vecchi) resti. La rotazione esagerata è stata letta come la provocazione tagliente di chi avrebbe voluto altro dal mercato. La Roma è incompleta e Garcia ha fatto vedere perché. De Rossi che balla tra il centrocampo e la difesa: coperta corta, mancano interpreti dietro o in mezzo. E i big della squadra la pensano come il tecnico. «Ci aspettavamo più punti in classifica». Sabatini, sentendosi indirettamente chiamato in ballo, non è riuscito a negare l’evidenza fino in fondo. Così le prossime 3 partite contro il Carpi all’Olimpico, il Bate a Borisov e il Palermo al Barbera serviranno per dare un senso alla stagione e, ovviamente, al futuro di Garcia. Da Ancelotti a Mazzarri, passando per Spalletti o aspettando Conte dopo l’Europeo, ma non Montella, l’hombre (ombra?) del passato. I candidati per l’avvicendamento lievitano. Con loro anche le spese, in caso di addio anticipato.

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