(B. Saccà) – Non si sa bene se per disorientare i video-analyst di Rudi Garcia o gli avversari di giornata, di certo il Bayer Leverkusen alla fine è riuscito nell’impresa di confondere se stesso. Che squadra sia non lo capisce evidentemente neppure l’allenatoreRoger Schmidt: perché se avesse raccolto qualche notizia in più, di sicuro in Bundesliga il Bayer non avrebbe collezionato nell’ordine due vittorie, tre sconfitte, due vittorie, due pareggi. Per simmetria, sul versante europeo, i rivali della Roma hanno alternato il successo centrato contro il Bate Borisov alla sconfitta subìta al Camp Nou di Barcellona. Ma il paradosso si raggiunge facile allungando lo sguardo alla rosa e alle cifre, e soprattutto confrontando l’una con le altre. Da mesi mezza Europa sostiene che il Bayer disponga di ottimi attaccanti e di pessimi difensori. Eppure… Eppure i numeri sono lì, e proiettano un fascio di luce su una tendenza chiara: il Bayer, ora, gioca meglio in difesa che in attacco. Come è possibile? Confusione.
115 CHILOMETRI – Per inquadrare lo scenario, basta ricordare che le ultime cinque partite interne europee il Leverkusen le ha vinte tutte; e la Lazio lo ricorda bene. E, tra uno sbilanciamento tattico e uno scarto tecnico, è utile sottolineare che nelle sei gare casalinghe stagionali la squadra di Schmidt abbia collezionato quattro vittorie, un pareggio e una sconfitta, realizzando 11 gol e incassandone appena quattro. Non fosse abbastanza, alla BayArena i rossoneri non concedono più di un gol in una sfida addirittura dallo scorso 14 febbraio. È fortissimo in casa, il Bayer, quindi? Dipende, pure qui, dato che la sconfitta più recente risale comunque al 12 settembre, e porta la firma del minuscoloDarmstadt. Così, volendo tirar su la rete della sintesi, è inevitabile che il Leverkusen oggi sia settimo in classifica: e, contro ogni logica, abbia incamerato più reti (9) di quante ne abbia segnate (8). Insomma, a cercare di individuare un tratto comune alle prove offerte, bisogna dedurre che l’elemento di forza del Bayer Leverkusen non sia un reparto, o un giocatore, o il tecnico: ma è il proprio stadio, la BayArena, neppure 30 mila posti; o, meglio, sapere di giocare (o meno) davanti ai propri tifosi. Sottraendo l’ingrediente ambientale favorevole, la squadra si sgonfia, finisce tra le turbolenze, inciampa sul piano tattico. Ha paura. E la ragione di questo andare si può leggere nella filigrana di un altro numero: è la squadra più giovane della Bundesliga, con un’età media di 24,4 anni. È giovane, «solo» giovane. E da perfetta giovane cade nei tipici peccati di inesperienza e di insicurezza. Però, siccome essere ragazzi non si traduce per forza in un guaio, è ovvio che Schmidt si sia chinato sulla scacchiera del suo 4-4-2 e abbia colto i frutti migliori. Perché ora il Bayer è una squadra che corre tanto, tantissimo, e percorre circa 115 chilometri ogni 90’. Il suo ds è Rudi Voeller, l’ex giallorosso. «I romanisti mi perdoneranno se dico che il Leverkusen vuole passare il turno. Ma io faccio il tifo perché la Roma vinca lo scudetto», ha sussurrato a Romatv, con un sorriso lieve.